mercoledì 15 luglio 2015

Roma Fringe Festival 2015 | L come Alice

Presso il parco di Castel Sant’Angelo, all’interno della rassegna teatrale del Roma Fringe Festival, è andato in scena, L come Alice. Regia: Nexus- Attrice: Laura Garofoli – Aiuto regia: Giuseppe Sofo- Costumi: Mariagrazia Toccaceli- Musiche: Gyorgy Ligeti- Compagnia Garofoli/ Nexus- Associazione Compagnia Mauri Sturno. 

 L come Alice è uno spettacolo che ispira il suo lavoro drammaturgico al teatro della crudeltà di Artaud e al pensiero di Gilles Deleuze. Prende lo stile visivo-immaginifico dal romanzo “Attraverso lo specchio” di Lewis Carroll. Il tutto Immerso in uno scenario steampunk in cui Alice si muove compiendo il suo viaggio. Un viaggio pieno di incontri con personaggi bizzarri, personaggi che lei stessa era stata, un viaggio tra vecchie e nuove tecnologie che scandiscono il tempo che passa. Uno spettacolo basato sul ritmo e sulla padronanza corporea. Un fiume in piena senza fermate dove le parole si sommano ad altre parole, dove i rumori si sommano ad altri rumori, dove i pensieri si sommano ad altri pensieri, dove il ritmo si somma al ritmo. Un mondo dove le parole, i rumori, i pensieri, il ritmo, le tracce e le sottotracce si sovrappongano, un mondo dove niente si ferma generando un cortocircuito, una saturazione nella mente umana che non riesce ad avere il tempo di assorbire, fissare, l’importanza di ciò che viene detto, l’importanza delle parole. Parole che vanno assaporate, gustate, introiettate, per essere comprese per come meritano. Le parole si perdono, il senso si perde, tutto rimane sulla superficie epidermica senza passarvi attraverso, senza scavare nell’animo umano, una vera crudeltà. Una recitazione alterata in un mondo alterato in cui tutto si confonde e smarrisce. Un mondo pieno di commistioni in cui non si riesce più ad afferrare il principio del tutto. Uno spettacolo di non facile comprensione, che può risultare faticoso da seguire non lasciando al pubblico la possibilità di fermare il pensiero-parola per dargli respiro, essendo un mondo dove il respiro è assente. Un mondo dove la mente cerca di fermare il flusso-tempo ed invece ne rimane schiacciata e persa. Una vera crudeltà.
Francesca Cipriani
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Roma Fringe Festival 2015 | Guerriere

Presso la cornice di Castel Sant’Angelo è andato in scena, all’interno del Roma Fringe Festival, Guerriere. Regista e attrice: Giorgia Mazzucato- Allestimento scenico: Gaetano Pimpolini. Musiche di Mario Di Marco-Veronica Giuffrè al violino, Mario Di Marco al clarinetto, Dario Giuffrida (melodica). Drum synth e programmazione scenografica: Graziano Pimpolari e Livia Centonze. Alle luci: Paolo Facco. Compagnia Giorgia Gigia Mazzucato- Associazione Teatro Boxer. Genere: Drammatico storico. 

 Guerriere. Un titolo. Una parola che porta con se una storia e il suo significato. Uno stato d’assedio da cui bisogna difendersi. Guerriere, tre donne durante la prima guerra mondiale. Tre donne che affrontano il loro stato d’assedio, ognuna a suo modo, ognuna nel suo microcosmo. Tre ambienti scenici che demarcano i confini delle singole storie, tre ambienti in cui l’attrice si muove per farci entrare nella vita delle tre protagoniste. Tre donne che parlano in modo diverso, si muovono in modo diverso, pensano in modo diverso, sentono in modo diverso, agiscono in modo diverso, eppure questo non accade, non ci sono tre donne ma una sola, non ci sono tre corpi che si muovono e sentono ma un corpo solo. Vedo e sento sempre la stessa donna. Le tre storie si confondono in un’unica storia. I personaggi non essendo ben delineati perdono la loro identità perdendo la storia, la loro storia. L’accompagnamento musicale alimenta la staticità della rappresentazione mantenendo un’orizzontalità in cui tutto lo spettacolo stagna. Tre donne che portano con se la loro storia, la loro singolarità a cui non è stata data la forza della sua massima espressione. La/le ritroviamo rinchiuse in una parola, in un titolo, Guerriere, da cui non possono uscire. Bloccate, ferme, immobili, in stato d’assedio.
Francesca Cipriani
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Roma Fringe Festival 2015 | Nell'oceano del mondo

Presso il parco di Castel Sant’Angelo, all’interno del Roma Fringe Festival, è andato in scena Nell’oceano del mondo. Regia e drammaturgia: Andrea Ciommiento. Sulla scena Enoch Marrella. Compagnia Interazione scenica. 

 Nell’Oceano del mondo, nell’oceano del niente. Parole che cadono nel vuoto, senza corpo. Uno spettacolo privo di tridimensionalità sia interna che esterna. Uno spazio scenico vuoto che non viene riempito. Molte parole, troppe, fino ad essere inutili, parole che vanno a raccontare una storia ma non a viverla. Una narrazione priva di immagini. Un pubblico che viene usato come riempitivo andando ad amplificare il vuoto spaziale ed emotivo dello spettacolo rappresentato. Fammela vedere una storia, fammela sentire, fammela vivere. Fammi entrare, coinvolgimi. Coinvolgere non è far salire sul palco uno spettatore, non è richiamare un applauso. Fammi entrare. Regalami immagini, descrivimi vedendo per farmi vedere. Un testo che vuole raccontare il vuoto ma ne rimane imbrigliato. Il vuoto non può essere rappresentato con il vuoto. Il vuoto ha un corpo, una voce, un moto corporeo, un motivo d’essere. Fammelo vedere, fammelo sentire. Dammi il suo corpo.
Francesca Cipriani
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Roma Fringe Festival 2015: Così grande e così inutile | Recensione

“ La questione è già stata resa nota attraverso i telegrammi, già discussa, semplice e chiara: scongelare o non scongelare?. Ovvero riportare o non riportare alla vita un surgelato Majakovskij?”. Inizia così la sinossi dello spettacolo “ Così grande e così inutile” diretto e adattato da Lorenzo Collalti all’interno del Roma Fringe Festival presso Castel Sant’ Angelo. Sulla scena troviamo Anna Chiara Colombo, Diletta Masetti, Laurence Mazzoni, Eleonora Pace e Pavel Zelinskiv della Compagnia il servomuto. Una sinossi che inizia con una domanda a cui non riesco a trovare una risposta, una domanda che genera in me un’altra domanda a cui non riesco a trovare una risposta, una domanda che nasce di conseguenza alla prima domanda da me generata a cui non riesco a trovare una risposta. Le domande si susseguono nella mia mente ma non riesco a trovare una risposta a nessuna domanda. Non ci sono risposte. Perché? È la domanda che le racchiude tutte. Non ci può essere nessuna risposta se la domanda principe è sbagliata. Non ci può essere risposta se non ci si pone la giusta domanda. Non ci può essere drammaturgia o adattamento accostando parole ad altre parole. Non si può dare vita ad una regia accostando scene ad altre scene. Non si può mettere in scena uno spettacolo accostando parole ad altre parole, scene ad altre scene, personaggi ad altri personaggi, reale al non reale se ogni cosa rimane fine a se stessa senza fluire nell’altro da se, l’unica cosa che resta è il distacco, non l’unione di ciò che si vede e sente. Quadri informi privi di unità di senso. La storia si riduce ad un accenno. Ogni cosa che avviene sul palco è l’inizio di un qualcosa e la sua morte, ed è per questo che torniamo alla domanda madre, perché dimmi perché, perché lo fai? Senza questa piccola domanda tutto diventa inutile. Un titolo “ Così grande e così inutile” che porta con se la sua condanna. Un grande che viene reso inutile.
Francesca Cipriani
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martedì 7 luglio 2015

Finale Roma Fringe Festival: trionfa Fak Fek Fik


Si è conclusa domenica 5 luglio la quarta edizione del Roma Fringe Festival, la prima nei giardini di Castel Sant'Angelo. Una serata ricca, non solo per i quattro spettacoli finalisti che si sono sfidati (Fak Fek Fik, Guerriere, Gli ebrei sono matti e Les aimants), ma anche e soprattutto per la notevole affluenza di pubblico che la serata ha registrato. Gratinate gremite, una vera marea umana che ha trasformato la finale in una vera festa del teatro. Alla fine ha vinto Fak Fek Fik - miglior spettacolo, migliori attrici, miglior drammaturgia - lo spettacolo favorito fin dall'inizio per noi, fin dalla prima volta in cui l'abbiamo visto, quella domenica 15 giugno in cui, tra stanchezza e disillusione, cacciavamo sotto i bagliori di Castel Sant'Angelo qualche cosa da stampare nei ricordi ( Recensione). Così è stato. L'empatia è stata subito forte, subito questo spettacolo/performance si è conquistato un posto tra i nostri ricordi migliori. Non conosciamo nel dettaglio l'esito dei voti dei 38 giurati, l'impressione è che non ci sia stata partita, anche se tra i giudici qualcuno si è lasciato scappare una preferenza diversa, è stata una sfida tra realtà e sogno, tra "palate di merda" e "ventate di purezza poetica". Ci spieghiamo: lo spettacolo che più si è attestato come outsider è stato Les Aimants, una performance a due di teatro danza, due bravissimi interpreti che per quasi un'ora hanno dato vita ad una serie di immagini suggestive attingendo dalle poesie di Prevert, ma raccontando il tutto senza parole, con il solo corpo. Les aimants, gli amanti, ma anche due calamite, due corpi in continuo avvicinamento e allontanamento, ha saputo cogliere i sentimenti vaganti tra la folla, elevarli nel regno delle immagini più sublimi, laddove la realtà sbiadisce e si muta in sogno. Un buono, buonissimo lavoro, che si è conquistato il favore di molti giurati. Di contro Fak Fek Fik, che al contrario di Les aimants, non ha nulla di poetico, anzi, è spietatamente realistico, scava nel contemporaneo e ci rovescia addosso secchiate di merda. Permetteteci di utilizzare questo linguaggio inusuale per una recensione, ma è ciò che più ci viene da dentro. Secchiate di merda. Qualcuno avrebbe dovuto iniziare il duro lavoro di bonifica della realtà, risvegliare i nostri sensi intorpiditi, far sentire al nostro naso l'odore nauseabondo dell'oggi, farci udire suoni che ci lacerano i timpani, torturare la nostra pelle marchiando a fuoco parole brucianti. Fak Fek Fik inizia a nostro avviso il lavoro di purificazione necessario a poter un giorno godere appieno di una nuova poesia, come può essere Les aimants, godendone i frutti adagiati su una nuvola. Oggi come oggi, il grido lanciato da Fak Fek Fik è più necessario della poesia seppur amabilissima di Les aimants. Sicuramente una cosa non esclude l'altra, ma è stata la necessità di racconto della realtà - oltretutto ottimamente costruita - a dominare le opinioni. Guardiamoci intorno e iniziamo a spalare come questo fantastico gruppo ha saputo fare. 

Abbiamo assistito ad una finale di buon livello, anche se per gli altri due spettacoli l'asticella si abbassa. Guerriere ha certamente un intento nobile, un eloquio molto ricco e verboso, un racconto di tre donne durante la prima guerra mondiale. Ha il pregio certamente di portare sulla ribalta la questione femminile, sottolineare l'importanza rivestita dalle donne durante il conflitto mondiale nel mantenere in piedi una nazione senza uomini. Lo abbiamo apprezzato più che nella semifinale, anche se Giorgia Mazzucato appare ancora immatura recitativamente, non ci aiuta a trasportarci nell'atmosfera del tempo; questo nonostante la scenografia "importante" ed inutilizzata se non come sfondo. Come seconda volta ci ha offerto qualche cosa di più, ma ancora non è abbastanza, la distrazione è ancora in agguato. Il quarto ed ultimo spettacolo, Gli ebrei sono matti, è tratto da un fatto realmente accaduto. Ventennio fascista, Enrico viene ricoverato in un manicomio vicino Torino. Ferruccio, ebreo livornese costretto a fuggire, viene nascosto nel manicomio vicino al confine sotto falso nome: Angelo. Lo sviluppo della drammaturgia però è sterile, il tentativo di sviluppare una storia intorno ai due matti - uno vero e fastista, l'altro falso ed ebreo - fallisce. Il personaggio di Ferruccio non ha peso scenico, non c'è riflessione perché a parte il mero dato di fatto di questa "convivenza" forzata non c'è altro. Nello spettacolo spicca per la sua notevole capacità di caratterizzazione Dario Aggioli, ovvero Enrico, il vero matto fascista: un'interpretazione notevole, studiata, raggelante per la sua verità, dal corpo alla vocalità distorta, sporca e ingolfata dalla demenza cerebrale. Un'interpretazione che da sola ti fa dimenticare le mancanze del testo e vale a Dario Aggioli una menzione speciale dalla giuria. 

La cosa che ci incuriosisce è come di oltre ottanta spettacoli non sia giunto in finale uno spettacolo di prosa classica, un genere a quanto pare in via d'estinzione e sempre più difficile da trovare in forme qualitativamente accettabili. Due spettacoli di teatro civile, una performance di teatro danza ed una una vera e propria performance scenica che si esprime tramite diversi linguaggi. Sparita la prosa. Quella poca che abbiamo visto era di bassa qualità, pare che ormai si riescano a fare degnamente solo monologhi, teatro di narrazione, performance varie e di ricerca. Molte delle cose viste ci hanno riempito ed hanno lasciato dei segni, ma ci chiediamo anche: possibile che siamo diventati incapaci di far prosa? Con questo dubbio alziamo i calici, ci godiamo la festa e facciamo i complimenti, meritati, ai vincitori.

ROMA FRINGE FESTIVAL 2015 | TUTTI I VINCITORI

  • Miglior Spettacolo Roma: Fak Fek Fik, regia di Dante Antonelli, con Martina Badiluzzi, Ylenya Giovanna Cammisa, Arianna Pozzoli 
  • Menzione Speciale della Giuria: Attore Dario Aggioli per lo spettacolo Gli Ebrei sono Matti 
  • Premio della Critica Periodico Italiano Magazine: 33 
  • Miglior Comedy: “Fa Curriculum. Stiamo lavorando per noi” di e con Sfigartisti 
  • Premio della Critica Funweek.it: Giovan Bartolo Botta per “Valli a prendere”. Sez. Comedy 
  • Miglior Regia: Andrea De Magistris per lo spettacolo Anselmo e Greta 
  • Miglior Drammaturgia: Dante Antonelli, Martina Badiluzzi, Ylenia Giovanna Cammisa, Arianna Pozzoli per lo spettacolo Fak Fek Fik 
  • Premio del Pubblico: Indubitabili Celesti Segnali 
  • Premio Special OFF: Cute, Compagnia Matroos 
  • Menzione Speciale Giovan Compagnia: Così grande così inutile 
  • Miglior Attore: Pierre Yves Massip per lo spettacolo Les Aimants 
  • Miglior Attrice: Martina Badiluzzi, Ylenia Giovanna Cammisa, Arianna Pozzoli per lo spettacolo Fak Fek Fik 
  • Premio Spirito Fringe: Malabranca Teatro per lo spettacolo Bignè – L’amore è Checov 

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domenica 5 luglio 2015

Comunicati: Al via la seconda edizione del Cinecittà Film Festival (CFF)


Cinecittà Bene Comune, la Rete Territoriale del VII municipio di Roma, ha deciso di organizzare la seconda edizione del Cinecittà Film Festival (CFF): un evento autogestito, autofinanziato e a ingresso gratuito, a sostegno della vertenza dei lavoratori di Cinecittà Sudios, contro i licenziamenti ancora in atto delle maestranze, contro il devastante piano di cementificazione che favorisce le attività commerciali a discapito della produzione cinematografia.
Dal 9 al 12 luglio, nella splendida cornice del Parco degli Acquedotti, il festival sarà un’occasione di riflessione e informazione importante per contrastare il destino inaccettabile di un sito produttivo storicamente e attualmente riconosciuto dalla cinematografica internazionale.
Ma non solo.
Durante queste quattro giornante verranno organizzati dibattiti e incontri per interrogarsi e aprire nuove vertenze, con l’obiettivo di restituire al cinema la dignità che merita e che nel nostro paese sembra essere ormai destituita. L’annosa questione del monopolio della distribuzione, la crescente chiusura delle sale cinematografiche, il taglio delle risorse pubbliche verranno messe in relazione a due grandi temi di attualità: l’abbandono delle periferie e lo smantellamento della scuola pubblica. Cinema, cultura, lavoro, istruzione e aggregazione sociale: il Cinecittà Film Festival accende i riflettori sulle questioni di primaria importanza per il nostro paese.
Quast’anno il festival si arricchisce di nuovi spazi e inedite sezioni.
Novità assoluta sarà la proiezione di 4 film in concorso, opere prime che non hanno trovato ancora distribuzione nelle sale cinematografiche, che saranno votati da una giuria popolare.
Tutte le mattine, docenti universitari ed esperti del settore terranno delle lezioni di storia del cinema. Nel pomeriggio verranno proiettati documentari, film di animazione e ci sarà anche una sezione dedicata al cinema di genere con un omaggio a Mario Bava.
Durante tutta la durata del festival sarà attivo un media center con trasmissioni radio curate da Radio Sonar e videointerviste che coinvolgeranno le personalità del cinema che attraverseranno il festival.
Dopo la prima edizione, che ha visto l’assegnazione del premio Ben Hur al maestro Citto Maselli, per l’impegno nella difesa del cinema e della cultura,
quest’anno verrà premiato un altro maestro del cinema italiano.
Sarà come sempre una festa popolare, accogliente e di qualità. Una risposta reale al vuoto di offerta culturale che si prospetta anche questa estate nei quartieri popolari di Roma come il nostro.

PROGRAMMA
 
CINECITTÀ FILM FESTIVAL
dal 9 al 12 luglio
Parco degli Acquedotti, entrata via Lemonia angolo circonvallazione Tuscolana

- laboratorio di cinema attivo tutti i giorni a cura di Greve 61
- interviste e approfondimenti tutti i giorni, h. 17.00-19.00, a cura di Radio Sonar

giovedì 9 luglio
area switch-back
Lezioni di storia del cinema
h. 11.00
“Storia del documentario in relazione alle trasformazioni urbanistiche e sociali”, Ugo Gregoretti

Il cinema di genere a km 0: Omaggio a Mario Bava
h. 16.00
Diabolik (1967, 101’)
I doc
h. 18.00
1055 – Una magia senza fine di Martina Manca (2013, 14’)
La bella Virginia al bagno di Eleonora Marino (2014, 58’)

Il cinema d’incanto: Storie per piccoli e grandi spettatori
h. 20.00
Fantastic Mr Fox di Wes Anderson (2009, 87’)

ARENA GRANDE
Dibattito
h. 19-20.30
“Il futuro di Cinecittà” + Premio Ben Hur a un maestro del cinema

Film in concorso
h. 21.00
Index Zero di Lorenzo Sportiello (2014, 82’)
 
Made in Cinecittà
h. 22.30
Che strano chiamarsi Federico di Ettore Scola (2013, 93’)

venerdì 10 luglio
area switch-back
Lezioni di storia del cinema
h. 10.30-12.30
“Oltre l’immagine, oltre la città. La sperimentazione audiovisiva e la metropoli contemporanea”, Giacomo Ravesi (Università Roma Tre)

h. 16.00
“Corpi e luoghi nel cinema sulla borgata romana di Pier Paolo Pasolini“, Alessandra Fagioli (Università Lumsa, Scuola d'arte cinematografica Gian Maria Volonté)

I doc
h. 18.00
Cane malato di Diego Olivares (corto realizzato dal progetto "laboratorio Mina" del comitato Vele di Scampia, 2015, 20’)
Largo Baracche di Gaetano Di Vaio (2014, 65')
Il cinema d’incanto: Storie per piccoli e grandi spettatori
h. 20.00
Shaun, vita da pecora di M. Burton e R. Starzack (2015, 85’)

ARENA GRANDE
Dibattito
h. 19-20.30
“Le periferie e il cinema”

Film in concorso
h. 21.00
Roma Termini di Bartolomeo Pampaloni (2014, 78’)

 
Made in Cinecittà
h. 22.30
Il sospetto di Citto Maselli (1975, 111’)

sabato 11 luglio
area switch-back
Lezioni di storia del cinema
h. 10.00-12.30
“Cinema italiano e seconde generazioni: Why Not?”, Leonardo De Franceschi (Università Roma Tre)

Il cinema di genere a km 0: Omaggio a Mario Bava
h. 16.00
Ercole al centro della Terra (1961, 91’)

I doc
h. 18.00
Va' pensiero di Dagmawi Yimer (2013, 56’)
Palazzo Selam di Chiara Sambuchi (2013, 45’)

Il cinema d’incanto: Storie per piccoli e grandi spettatori
h. 20.00
Kirikù e la strega Karabà di Michel Ocelot (1998, 74’)

ARENA GRANDE
Dibattito
h. 19-20.30
“Sulla salute del cinema a Roma, tra sale chiuse, tagli alla cultura e il City Fest”

Film in concorso
h. 21.00
Lepre meccanica di Gian Luca Catalfamo (2015, 105’)
 
Made in Cinecittà
h. 22.30
Reality di Matteo Garrone (2012, 115’)

domenica 12 luglio
area switch-back
Lezioni di storia del cinema
h. 10.30-12.30
“Cinema e realtà nel nuovo documentario”, Simone Moraldi (Associazione Culturale ArtedelContatto)

Il cinema di genere a km 0: Omaggio a Mario Bava
h. 16.00
Cani arrabbiati (1974, 96’)
I doc
h. 18.00
Una scuola italiana di Giulio Cederna e Angelo Loy (2011, 86')
Il cinema d’incanto: Storie per piccoli e grandi spettatori
h. 20.00
Si alza il vento di Hayao Miyazaki (2013, 126’)

ARENA GRANDE
Dibattito
h. 19-20.30
“Cinema e scuola”

Film in concorso
h. 21.00
Il futuro è troppo grande di Giusy Buccheri e Michele Citoni (2014, 79’)

Made in Cinecittà
h. 22.30
Habemus Papam di Nanni Moretti (2011, 104’)


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VIAGGI DI ADRIANO – Caravaggio a Roma: Vita e Opere

“Caravaggio a Roma: vita e opere” inizia come una classica lezione di storia dell’arte, con guida turistica e radiolina con cuffiette annesse. 

Parto da lui: Piero Giovinazzo, il nostro esperto d’arte, capace di rendere interessante ed accattivante la descrizione dei capolavori del Merisi, parlando non solo del significato e delle tecniche pittoriche, ma condendo il tutto con aneddoti divertenti, in modo da avvicinare e rendere partecipi anche i profani. E poi passo ai bravissimi attori, Luca Basile (nonché autore di tutti i testi), Valerio Di Benedetto, Matteo Quinzi e Giovanni Bonacci, che sono capaci di portare per mano lo spettatore attraverso il quartiere di Campo Marzio e far realmente rivivere tutti i personaggi protagonisti nella vita privata e lavorativa di Caravaggio. Ci fanno, così, conoscere il Cardinal Del Monte, protettore di Merisi; il Baglione, pittoruncolo suo contemporaneo che ha sempre nutrito una certa invidia nei confronti di Caravaggio e che prova in tutti i modi a screditarlo agli occhi del cardinale ed, infine, il fedelissimo Manniti, che tenta con ogni mezzo di placare il carattere irrequieto dell’amico, ma senza riuscirci. 

L’epilogo irreparabile pare già palesarsi dalle prime battute: il destino di Caravaggio è scritto fin dal principio. La sensazione è quella di ritrovarsi in una situazione senza via d’uscita, ma che questi abilissimi attori non rendono mai pesante, alternando momenti di tensione e di leggerezza. Gli spettatori si ritrovano catapultati nel 1606, più precisamente durante l’ultima notte che Michelangelo Merisi ha trascorso a Roma: il 28 maggio. Come la storia ed i nostri attori ci raccontano, durante quella notte Caravaggio ferisce a morte Ranuccio Tommasoni, con cui aveva già avuto altre discussioni precedenti. L’omicidio gli procura la condanna alla decapitazione e l’unica cosa che gli resta da fare è fuggire immediatamente da Roma, lasciandosi alle spalle anni di lavoro ed eccessi per le viuzze del rione. Troppo scontato se a guidarci fosse stato Caravaggio stesso, ma soprattutto non sarebbe stato da lui: uomo scontroso e poco ospitale il Merisi, dal carattere rissoso. Ho molto apprezzato, quindi, la scelta dell’autore di non mostrarcelo mai in carne ed ossa, se non nel climax della pièce. Lasciando, perciò, che fossero gli altri personaggi a raccontarcelo e a renderlo vivo nelle loro parole e nei loro racconti. Questo ha descritto ancora meglio il Caravaggio come una personalità sfuggevole e non facilmente raggiungibile nemmeno per chi lo conosceva bene. Il Merisi compare solo alla fine della serata, cogliendoci quasi di sorpresa, sul sagrato della chiesa di Sant’Agostino armato di spada e pronto a compiere il proprio destino. 

Insomma, se volete vivere un’esperienza fuori dagli schemi convenzionali delle visite guidate, capace di arricchirvi come amanti dell’arte e del teatro: una serata in compagnia de I Viaggi di Adriano è la serata giusta per voi! 

 Duelli, risate, forbiti scontri verbali tra cardinali e pittori invidiosi, amicizie vere e molto altro ancora…è ciò che rende speciale “Caravaggio a Roma: vita e opere”. Regalatevi la possibilità di tornare indietro nel tempo e di conoscere l’Uomo dietro il Pittore Caravaggio. 
Tea Milani

 I Viaggi di Adriano ormai da anni organizza visite con teatro itinerante per far scoprire a turisti e romani curiosi i luoghi nascosti di questa città ed i personaggi che l’hanno resa grande nel corso del secoli. 72 appuntamenti di cui 12 con teatro itinerante per farvi scoprire i luioghi più affascinanti della Città Eterna. 

Qui sotto tutti i contatti per prenotazioni e info sui prossimi appuntamenti: www.iviaggidiadriano.it 
tel: 06-51960876 / 06-51963729 / 06-5038014
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