martedì 10 dicembre 2013

Il coraggio fa..90. Cronaca calcistica, familiare e storica al teatro Kopo.


Quando avranno il coraggio di tirare un altro calcio di rigore saranno degli eroi.Nella vita la paura la vinci solo se hai il coraggio di affrontarla un'altra volta


Il monologo è la forma teatrale più ostica, la preferita da molti interpreti, probabilmente la più temuta dagli spettatori. Siamo sempre prudenti verso questa forma espressiva, nonostante alcuni degli spettacoli che abbiamo preferito siano proprio monologhi. Se l'attore lo regge, se riesce a farsi carico dell'intero palcoscenico con la voce e il corpo, allora ti spelli le mani dagli applausi per quel solo interprete che ha saputo emozionarti e stamparsi nella tua memoria, occupando a lungo (o in rari casi per sempre) una frazione della tua esistenza. Ma - c'è sempre un ma - se mancano le condizioni attoriali, oltre che drammaturgiche, i primi cinque minuti ti fanno capire che sarai sottoposto ad una tortura che si consumerà lentamente. Lo spettacolo Il coraggio fa.. 90 appartiene fortunatamente al primo tipo. Non sappiamo se e per quanto tempo Giuseppe Arnone occuperà i nostri ricordi, ma certamente il suo primo monologo da autore è ben riuscito, tanto quanto lo è stata la sua traduzione scenica in cui lo stesso Arnone occupa l'unico ruolo. Il gradimento del pubblico è stato elevato, tre serate praticamente piene al novello Teatro Kopo, più una replica aggiuntiva a richiesta per domenica prossima.
Il testo è in parte autobiografico, parte dal vissuto dell'autore per diventare materia teatrale fruibile nel rispetto della riservatezza. I riferimenti sono tanti, a partire dall'apertura quando il protagonista si presenta in perfetta tenuta bancaria e l'accento milanese (nella seconda parte sarà il dialetto siciliano a prevalere, vera origine dell'autore/attore). È l'altra parte di Giuseppe Arnone, quella che vive di giorno; infatti egli davvero lavora in banca quando non fa l'attore (un caso isolato, solitamente gli attori fanno i camerieri). Non faremo il nome, ma noi saremmo volentieri clienti di una banca che abbia come impiegato il simpaticissimo e vivace Arnone. 


Da buon italiano il protagonista banchiere porta con sé la gazzetta dello sport, all'interno della quale si trova l'incidente scatenante del ricordo, quello che mette in moto la macchina del tempo della memoria emotiva e nello scorrere indietro riporta ai mondiali degli anni 90, quelli di Baggio, Schillaci, Bergomi, Zenga, Bergomi e.. lo iettatore Bruno Pizzul. Campioni che diventano spesso parodie, ma che sono per il protagonista anche sensazioni positive: l'euforia del primo mondiale, l'atmosfera di casa con la famiglia tutta riunita attorno al televisore, l'osservazione da vicino di ogni singolo componente. Il calcio è l'elemento che spesso ha unito il popolo italiano, ma la telecronaca calcistica si accavalla anche alla fotografia di un'epoca, al racconto del primo amore, delle prime delusioni, del rapporto con la famiglia, degli insegnamenti dell'ormai leggendario Nonno Turi. Lo spettacolo scivola via, è come una saponetta bagnata, inafferabile, si passa dalla partita alle emozioni personali, dalle parodie a omaggi di poeti di nicchia come Fosco Maraini  (c'è una poesia "con parole inventate" tratta da Gnosi delle Fanfole). Arnone gestisce la giostra, diretta da Claudio Zarlocchi, serpentina tra i 50 spettatori in sala come fece Roberto Baggio fece con i cinque avversari, con maestria e uno studio attento che si spinge fino alla cura del gesto. Gli applausi sono meritati, qualcuno quasi surreale, come quello a scena aperta mentre il fu banchiere diveniva tifoso indossando la divisa e i calzettoni azzurri della nazionale: chiamatelo se volete patriottismo calcistico. L'Italia è fuori, è la prima sconfitta sportiva per il giovane Giuseppe, ma sono anche i primi insegnamenti che da questa avventura ne sono derivati; la perla finale è dello zio Rosario, parente aggiunto della pièce, che in un caloroso e commosso omaggio viene svelato soltanto alla fine: Rosario Livatino, magistrato italiano assassinato ad Agrigento il 21 settembre del 1990. È la conferma definitiva che Il coraggio fa... 90 è più interessante di una semplice cronaca calcistica.
Matteo Di Stefano



IL CORAGGIO FA... 90
di e con Giuseppe Arnone
regia di Claudio Zarlocchi

6-7-8 + a grande richiesta domenica 15 presso

TEATRO KOPO'
via Vestricio Spurinna 47/49 (zona cinecittà)

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