mercoledì 30 gennaio 2013

Ella's Secret di H. Freedman - Teatro Millelire, fino al 10 febbraio. Memoria e cultura




Ella's secret è finito in cartellone al Millelire proprio attraversando il giorno della memoria. Non è un caso che si siano scelte le tre settimane che vanno dal 20 gennaio al 10 febbraio. La lunga permanenza di questo spettacolo, in un teatro che ha offerto quasi sempre una settimana di programmazione, non ha solo un valore di ricordo, ma testimonia anche la grande fiducia che la direzione artistica ha riposto in questa messa in scena. Non è certo contro ogni logica, perché è per testo e interpreti forse uno dei migliori appuntamenti della stagione. Ora, si sente quà e là, disquisire riguardo al giorno della memoria, si sentono tante belle esternazioni pubbliche, si sente spesso e volentieri anche dire che la cultura è importante e va sostenuta. Benissimo, legittimo, ma dunque dov'è che sono? E non si parla tanto della gente comune - quella cui sono indirizzati i ricordate o acculturatevi - si parla piuttosto dei militanti, i tanti che di memoria e cultura fanno vessillo. Perché avendo noi il vizio della chiacchiera, veniamo spesso in contatto fuori con gli altri spettatori e, riveliamo, che a mancare non è tanto la gente comune - seppur in numero non eccessivo - bensì gli altri, gli sbandieratori delle belle parole. Dunque, rivolgiamo a tutti - alla gente comune, più polemicamente agli sbandieratori - questo messaggio: andate, è memoria e cultura.

La sala del Millelire cambia ancora la sua conformazione, tutte le volte che siamo andati abbiamo sempre trovato una struttura di accoglienza per il pubblico diversa. Questa volta è diventata quasi un'arena, con il pubblico che andava a circondare la scena: due platee, disposte l'una di fronte all'altra, legate da una fila di posti laterali. All'interno del recinto umano, Ella's Secret, testo già rappresentato con successo negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, la firma in calce di Harris Freedman, drammaturgo di livello internazionale, da qualche anno impegnato in Italia e che firma anche la regia. Una scommessa di grande prestigio per il novello Millelire. Le stesse due interpreti - Lydia Biondi e Maria Antonietta Farinelli - sono nomi noti e di qualità, divise tra teatro e cinema. Una scelta ricaduta sul Millelire perché può offrire intimità e verità ad una storia molto dialogata, per stringerla in un affettuoso abbraccio, per poterla sussurrare piano, per poterla accogliere col riserbo che si dedica ai morti. Ella, donna ebrea scampata al massacro rifugiandosi in Inghilterra, una domenica mattina riceve la visita di Helga, donna che lei non ha mai visto, austriaca cresciuta nella Germania di Hitler. La donna arriva pronunciando il nome d'un uomo che fa tremare Ella, un ufficiale nazista delle SS. Marito di Helga, fu lui a favorire 35 anni prima la fuga di Ella: perché un ufficiale delle SS corre il rischio di perdere vita e carriera, per occultare un'ebrea e favorire la sua fuga? In questa domanda è racchiusa forse la pulsione principale che ha spinto Helga fino a Londra, Ella deve possedere un segreto e lei è decisa a scoprirlo. In una messa in scena che - per le dette doppie platee poste parallelamente - produce un effetto di campo e controcampo, è chiaro che l'obiettivo sia prima di tutto ricreare un effetto cinema, non solo perché le attrici si offrono continuamente da prospettive diverse - pur non essendo uno spettacolo "ballerino", ovvero troppo movimentato - ma anche perché spesso e volentieri un intermezzo musicale ha introdotto un cambio scena finalizzato al cambio di prospettiva, ruotando l'angolazione della stanza e dei suoi oggetti, in poche parole un cambio d'inquadratura, cosa - questa sì! - che per la prima volta vediamo a teatro. Il disegno luci di Dario Aggioli colora e anima un habitat confortevole alla vista. Quel che resta è un testo che percorre un tempo di 2 ore e 35 minuti - della vita scenica, lo spettacolo dura circa la metà - in cui le due donne attraversano vari stati emotivi, sono soggette a continui cambiamenti, pur rimandendo intrappolate nel salotto di Ella, tra un tè e un sandwich. Quel che più tocca è vedere come Helga, pur trovandosi nel salotto di Ella e avendola davanti a sé, stenti ancora, dopo anni dalla caduta del regime, a rinoscere in lei la persona e non l'ebrea, dunque riassume perfettamente lo spirito nazista, di cui lei nostalgicamente ancora nutre l'ideologia; ma anche - non meno colpevole - di ha taciuto, di chi è stato testimone muto e in fondo nutriva odio. Non c'è azione, ma è un moto interno che alimenta e brucia lo spettacolo, domande, interrogazioni, confronti anche duri e memoria, memoria che esce inevitabilmente, che fa un balzo all'indietro, all'improvviso, una domanica mattina alle 10, fa un balzo di 35 anni nel pieno del regime nazista. Un testo il cui movimento è dettato dal dialogo, ha bisogno necessariamente di due attrici impeccabili, in continua tensione l'una verso l'altra, che non perdano un attacco ed abbiano delle sfumature tali da illuderci che quello non è un teatro, ma il salotto di Ella. Lydia Biondi ci restituisce una piccola donna ricca di variazioni, dagli attacchi ironici al più intimo spavento, con una precisione chirurgica, tanto da trovare delle sfumutare che rendono persino plausibile in quella donna adottata da un nuovo stato, un qualcosa di tipicamente inglese. Anche Maria Antonietta Fanirelli costruisce un personaggio solido, robusto, germanico, impenetrabile, che tuttavia non riesce a nascondere dietro la corazza le debolezze. La loro cresciente tensione aumenta costantemente, tramutandosi alla fine quasi in un movimentato duello, da cui emergono echi, che sono i muti e assordanti riverberi della Storia e di chi è restato indifferente. Delicato e garbato.
A.G.



ELLA'S SECRET
scritto e diretto da Harris Freedman
con Lydia Biondi e Michetta Farinelli
assistente alla regia Mariateresa Pascale
aiuto regia Giovanni Morassutti
disegno luci Dario Aggioli

dal 20 gennaio al 10 febbraio presso

TEATRO MILLELIRE
via Ruggero de Lauria, 22 - Roma
Biglietti: intero €12 - ridotto €6.50

Leggi tutto...

lunedì 28 gennaio 2013

Riflessi della settimana teatrale (13): consigli e sconti. Omicida e artista

Aspiranti criminali sulla scena? E se andare a teatro - o scegliere il buon cinema - fosse un modo per scongiurare un omicidio di artisti incompresi? Pensateci. Omicida e artista è un libro di Ruben De Luca, il quale propone una sconcertante e interessante teoria su come chi crea arte e chi distrugge vite siano legati da analogie. La tesi è sorretta dalle rivelazioni di tratti caratteriali comuni tra le due figure. Per capire meglio però è necessario leggere il libro. Intanto, per sicurezza, questa settimana acquistate un biglietto teatrale, avrete scongiurato - almeno per ora - un possibile omicidio.
Pluricandidato agli Oscar, osannato dalla critica, nelle sale dalla settimana scorsa, Lincoln di Steven Spielberg ci auguriamo che sia la vostra scelta cinematografica della settimana. Dal cinema alla danza, Equilibrio. Festival della nuova danza è la manifestazione ospitata dall'Auditorium Parco della Musica, che offre una panoramica sulla danza mondiale, ospitando maestri eccelsi della scena internazionale e artisti emergenti che si muovono in territori di confine tra la danza e il teatro, con 4 prime italiane in cartellone. Torna a Roma dopo il successo della passata stagione (lo abbiamo visto all'Eliseo, garantiamo!) la squisita commedia Art di Yasmina Reza - che molti ricorderanno per il film Carnage - al Teatro Ambra Jovinelli dal 31 gennaio: l'ironico Gigio Alberti, il depresso Alessandro Haber, lo snob cultore dell'arte moderna Alessio Boni, sono i protagonisti di questa divertente parabola sull'amicizia ruotante attorno ad un quadro completamente bianco. Da ridere, ma che al tempo stesso propone di ricaricare il nostro senso critico è L'Arte del Dubbio, dal libro di Gianrico Carofiglio, adattato per la scena da Stefano Massini, con Ottavia Piccolo e Vittorio Viviani, ospitati dal Teatro Vittoria dal 29 gennaio. Chissà, forse Dante se non avesse scritto la Divina Commedia sarebbe diventato un serial-killer? Dovremmo chiederlo a Ruben De Luca, sicuramente però se fosse vissuto oggi non avrebbe scritto molto, distratto anch'egli dagli ultimi ritrovati tecnologici. Interessante la proposta del Teatro Belli, fantastico e surreale, American Dante riflette sulla condizione della nostra cultura: povero come tutti i poeti, Dante Alighieri è costretto a vendere la sua Divina Commedia agli americani che ne faranno un film; da scoprire dal 29 gennaio. Come perdersi Una serata a Colono al Teatro Argentina (offerta speciale €10 palchi di platea solo per giovedì 31), unica opera di Elsa Morante mai rappresentata, che va ben oltre Ruben De Luca: non assassini, ma classicomani. In una corsia d'ospedale due portantini depositano una barella con sopra un vecchio ricoverato d'urgenza, è un  accattone, ex proprietario, di radici contadine, vedovo con quattro figli, affetto da mitomanie epico-classiche. Soluzione finale, una locuzione che in questi giorni fa venire i brividi, soprattutto considerando la nostra introduzione. Cosa stanno tramando al Teatro La Cometa? Tre fratelli costretti fin dall'adolescenza a prendersi cura del proprio padre, Gianni, detto "Er Belletta", tossicodipendente. Luca, Valentino, Patrizio e sua moglie Alessia, approfittano della speciale visita natalizia, che permette ai detenuti di incontrare i familiari, per andare a trovare il padre detenuto per spaccio e detenzione di eroina nel carcere Wang Wong di Bangkok. Il resto scopritelo dal 29 in una commedia con toni romani dal titolo Vento e pioggia. Soluzione finale. Non dimenticate Soprattutto l'anguria, lo spettacolo di Massimiliano Civica che, dopo il consenso ottenuto all'Argentina, continua la sua contaminazione romana al Teatro Argot. 'Na specie de cadavere lunghissimo al Teatro Vascello nasce da un'idea di Fabrizio Gifuni, una sorta di agone tragico tra un Padre e un Figlio, dove il Padre è Pier Paolo Pasolini, il Figlio il suo assassino Pino Pelosi, entrambi personificati dalla voce di Fabrizio Gifuni. Un uomo, moderno clown che ha avuto per incarito dalla vita di liberare dal grigiore gli esseri umani sempre più schiacciati dalla propria quotidianità, dalla finta cultuira, dal superfluo e sedati da decenni di banalità: è Un uomo in bilico al Teatro Abarico sperando che davvero ci liberi dalla banalità. Per finire, il momento che preferiamo, quello in cui andiamo a far visita al cappellaio matto. Come il cappellaio matto non esiste? Certo, esiste, è in visita al Teatro Verde per il suo show Alla tavola del cappellaio matto, ma si fermerà solo 30 e 31, giusto il tempo della merenda. E - augurandoci che prendiate sul serio le raccomandazioni sociali di Ruben De Luca - buon teatro.

Riepilogo (vengono segnalati solo i ridotti generalizzati)

- Art, regia Giampiero Solari, Teatro Ambra Jovinelli, 31 gennaio - 10 febbraio (€17-€31, info e prenotazioni)
- L'Arte del Dubbio, regia Sergio Fantoni, Teatro Vittoria, 29 gennaio - 10 febbraio (€20-€26, info e prenotazioni)
- Una serata a Colono, rigia Mario Martone, Teatro Argentina, 30 gennaio - 17 febbraio (ridotto! €25 €10, info e prenotazioni)
- American Dante, regia Marco Maltauro, Teatro Belli, 29 gennaio - 10 febbraio (ridotto! €18 €9, info e prenotazioni)
- Vento e pioggia. Soluzione finale, regia Patrizio La Bella, Teatro La Cometa, 29 gennaio - 17 febbraio (€18-€25, info e prenotazioni)
 - Soprattutto l'anguria, di Massimiliano Civica, Teatro Argot Studio, 29 gennaio - 3 febbraio (€12, info e prenotazioni)
- 'Na specie de cadavere lunghissimo, regia Giuseppe Bertolucci, Teatro Vascello, 29 gennaio - 3 febbraio (ridotto! €20 €8, info e prenotazioni)
- Un uomo in bilico, regia Umberto Bianchi, Teatro Abarico, 29 gennaio - 3 febbraio (info e prenotazioni)

BAMBINI
- Alla tavola del cappellaio matto, Teatro Verde, 30 e 31 gennaio (€7 - €10, info e prenotazioni)

CINEMA
- Lincoln, di Steven Spielberg, nelle sale dal 24 gennaio.

DANZA
Equilibrio. Festival della nuova danzaAuditorium Parco della Musica, 2 - 27 febbraio (info e prenotazioni)


Leggi tutto...

sabato 26 gennaio 2013

Lo Hobbit - un viaggio inaspettato (o quasi).

Il destino bussa ancora una volta alla porta di un gentile e delicato Hobbit che non avrebbe mai immaginato in tutta la sua vita di poter prendere parte a un’ avventura che segnerà il destino dell’intera Terra di Mezzo.

Infatti, dopo ben 11 anni dall’uscita del primo viaggio nel fantastico mondo di Tolkien, il filmmaker neozelandese Peter Jackson ritorna dietro la macchina da presa per regalare agli spettatori la messa in scena cinematografica di “ The Hobbit “, romanzo – prequel, pubblicato nel 1937, dell’osannato “ The Lord of the Rings “ .

Scopriamo che tutto cominciò con Bilbo Baggins, lo zio del più conosciuto Frodo, reclutato dallo stregone Gandalf il Grigio per portare a termine una delicata spedizione in aiuto del popolo dei Nani, spodestati dalla loro roccaforte – la ricca città di Erebor– dal feroce drago Smaug. E saranno proprio questi coraggiosi ometti, capitanati dal valoroso Thorin Scudodiquercia, ad accompagnare e proteggere il giovane Hobbit nelle numerose avventure cui andranno incontro. Il sottobosco dei personaggi Tolkeniani è ricco e già in parte familiare agli occhi dello spettatore: eleganti Elfi dalle lunghe chiome, orribili orchi famelici e parecchio arrabbiati, l’Hobbit “decaduto” Gollum e i suoi indovinelli si alternano a gustose novità visive come gigantesche aquile volanti, grossi Troll un poco stupidi, lupi mannari da ricognizione e giganteschi Titani di pietra che fanno a botte tra loro.

Come tutti i film tratti da un romanzo, anche “ Lo Hobbit: un viaggio inaspettato “ non sfugge al temibile confronto con il testo letterario. C’è di più. In ballo non vi è solo la conformità - più o meno “ esatta “ – con le vicende narrate nel libro , ma anche le aspettative dei fan e il faccia a faccia con la trilogia de “ Il Signore degli Anelli “ che ha consacrato il genere fantasy al successo. Forse sarebbe meglio dimenticare la volontà di un confronto anche perché la pellicola non meraviglia di certo come i film della trilogia, manca il sentimento della novità e dell’inaspettato. Fa comunque piacere riveder scorrere davanti agli occhi quelle panoramiche dall’alto della Nuova Zelanda (il set designato sin dagli albori), le strade sospese come ponti nell’abisso delle città dei Nani e degli Elfi, la perfezione nel dettaglio dei costumi indossati dai personaggi, le sontuose ricostruzioni digitali dell’inferno degli Orchi e delle molteplici creature che si susseguono nel film. Difatti, gli effetti visivi non mancano di stupire e di far sobbalzare il pubblico dalle loro sedie, complice uno studio della ricezione del suono in Dolby Surround molto più sviluppato rispetto ad altri film, che dà l’illusione di esser raggiunti dai suoni in ogni direzione. Sorvoliamo sulla tecnica 3D, quasi eccessiva per un film del genere, che accosta a questa innovazione anche una repentina velocizzazione delle immagini in 48 fps (per evitare di farvi tradurre questi tecnicismi dall’Elfico Antico si può semplicemente dire che fps sta per frame per second e che, quindi, le immagini scorrono davanti ai nostri occhi a una velocità il doppio della media la quale è di 24 frames per second). Ci troviamo davanti a un’innovazione che potrebbe rivoluzionare il modo contemporaneo di far cinema ma che non è esclusa da qualche difettuccio: con un’alta sovraimpressione di immagini la sensazione che ne vien fuori è quella di un marcatissimo iperrealismo, da qualcuno definito anche come effetto soap opera, il quale debilita, di punto in bianco, quella patina di immaginazione visiva che la macchina del cinema ci ha sempre offerto. Quelli che una volta sembravano (o comunque si sarebbe immaginato essere) dei diamanti sull’abito di Galadriel, ora si sa che sono dei semplicissimi lustrini. 

 

Il tono del film è di molto alleggerito dalla presenza dei tredici Nani, ai quali son dedicate le scene più chiassose e goliardiche del film ed essendo i co-protagonisti, assieme allo hobbit Bilbo, ne segnano una traccia indelebile nello svolgersi narrativo della pellicola. Il loro modo saggio ma al contempo sgangherato di prender di petto la vita si contrappone al guscio protettivo del giovane Bilbo che trova nella rotondità della sua casa Hobbit l’unico nido dove poter avere tranquillità perché, si sa, “le avventure ti fanno fare tardi per la cena”. È il saggio Gandalf, eminenza grigia e perenne presenza salvatrice, a far da ago della bilancia tra la sfrontatezza dei Nani e la paura che Bilbo nutre per l’incontrollabilità dell’esistenza. Un Bilbo arricchito dalla simpatia e dalla fragilità di un Martin Freeman, profondamente voluto per questo ruolo dal regista in persona, che ci dona un’interpretazione più consona a uno Hobbit e ci salva dal ricordo del Frodo dagli occhi perennemente sbarrati.

Sin dalle battute iniziali però, “ Lo Hobbit “ non sembra essere un viaggio inaspettato bensì “ aspettato “, “atteso “ o meglio “ che si fa desiderosamente attendere “. Sarà che Jackson avrà voluto tirare l’inizio per le lunghe al fine di coprire tre pellicole – infatti “ Lo Hobbit” sarà diviso in tre lungometraggi – ma l’inizio si dilunga molto sull’arrivo dello stregone a Hobbiville senza nulla togliere o aggiungere alla delineazione dei personaggi o della trama e stenta davvero a decollare, perdendosi nella presentazione – a volte anche strapparisata – dei Nani.

Comunque il film si fregia di un’eleganza visiva non indifferente e anche nella presentazione degli effetti più sbalorditivi non manca di gestirli in maniera sufficiente e mai eccessiva. Per far ciò anche nelle sequenze più movimentate e grandiose dal punto di vista dell’elaborazione digitale, il regista ci offre un mondo di spunti e di particolari, dove far muovere il nostro occhio in maniera critica e osservativa, senza farlo perdere in un offuscato universo di innumerevoli sensazioni e bombardamenti visivi. Quindi “ Lo Hobbit “ difende il suo status di film d’impatto visivo senza far cadere lo spettatore in uno stato di trans passiva, problema in cui spesso e volentieri incappano i film con un alta gradazione di effetti speciali.

Da non sottovalutare:

L’incontro-scontro a suon di indovinelli tra Bilbo e Gollum che mostra il punto di svolta dell’intera epopea Tolkeniana,:il passaggio dell’anello dalle mani Gollum a quelle di Bilbo. Una scena che riesce quasi ad umanizzare la deforme mostruosità e la malefica doppiezza dell’ex Hobbit e lo rende il personaggio più conosciuto e riconosciuto della saga.

La citazione d’un immagine molto nota agli estimatori della trilogia de “ Il Signore degli Anelli”. Al drago Smaug, che non ci viene ancora mai mostrato nella sua interezza, è dedicata l’ultima sequenza del film: immerso totalmente in una montagna di monete d’oro, il drago spalanca l’occhio che ricorda perfettamente le sembianze del più tragicamente noto “Occhio di Sauron”, signore del male.

C.G.

Leggi tutto...

mercoledì 23 gennaio 2013

Riflessi della settimana teatrale: consigli e sconti

Poveri morti o poveri vivi? Da quando i tasti hanno partorito questo pensiero, ritorna spesso come un martello assillante nella testa? Poveri è ciò che siamo in ogni caso, la scelta è tra l'essere vivi o l'essere morti, fors'anche tra l'essere e il non essere.  Nostra è la scelta. Non che qui si voglia puntare l'arma addosso a nessuno, ma è ciò che si vede: putridume, televisione, passività. Non lo diciamo per menarvela con la storia del teatro, della cultura, eccetera, certamente sarebbe preferibile, ma perché ciò renderebbe le persone vive. Parliamo di ogni cosa che possa avere una vaga parvenza di bello, teatro, danza, canto, murali, street art, mimi, sonatori da strapazzo nelle vie cittadine. Qualsiasi cosa che possa creare un fremito. Qualcosa che porti non tanto a teatro (al cinema, è lo stesso) ma ad avere un contatto umano con gli altri. Ci sono persone intorno, sconosciuti seduti vicino, condividete un istante (lo spettacolo) e in qualche modo avete un comune destino anche se per pochi momenti. Finito lo spettacolo potete aspettare l'attore, stringergli la mano: lui sorriderà, ringrazierà e magari farà due chiacchiere con voi. Così. Vita. Umanità. Intanto quegli uomini dal sorriso smaltato ammiccano in tv, sembrano guardarci ma è un illusione, stanno fissando un buco nero davanti a loro. E mai conoscerete i vostri complici, la televisione non è più fenomeno sociale di aggregazione ma è diventata disgregante. Chi condividerà con voi quel momento?
Eccoci, noi siamo qua, in un teatro, abbiamo occhi e sorrisi veri. Esistiamo e vi diremo sempre la verità.

Probabilmente questa sarà la settimana più variegata da quando abbiamo iniziato. Vogliamo proprio iniziate in maniera dissonante, perché bisognerà pur liberarsi delle proprie fobie. Noi in qualche modo siamo musical-fobici, perciò al primo posto affrontiamo le nostre paure e suggeriamo Priscilla la Regina del Deserto, in scena dal 23 al Brancaccio, spettacolo ispirato alla commedia di Stephan Elliott, successo mondiale e reduce, nella versione italiana, del successo milanese con oltre 190.000 biglietti venduti e sei mesi di repliche. Sfumiano per gradi, passando dal musical alla danza: al Sala Umberto da martedì 22 un viaggio nell'irreale mondo di Fantasia, ultimo lavoro del coreografo italo-africano Mvula Sungani. Ma sì, un po' di opera non guasta, se potete - e ci auguriamo per voi che possiate - fate un salto al Teatro dell'Opera, per assistere a Il naso, ispirato ad una celebre novella di Gogol' e tradotta in musica da Dmitrij Šostakovič, regia di Peter Stein. Abbandondando gli eccessi melomani, passiamo alla prosa, segnalando il debutto al Piccolo Eliseo di Sabrina Impacciatore, diretta da Valerio Binasco, con  È stato così, un intenso ritratto femminile tratto dal romanzo di Natalia Ginzburg. Se vi piacciono i ritratti crudi, allora sabato e domenica il vostro posto prenotatelo al Teatro Palladium, sul cui palco Babilonia Teatri, in collaborazione con gli Amici di Luca, associazione teatrale formata da persone uscite dal coma che si autorappresenteranno in scena. Il titolo è Pinocchio, sullo sfondo c'è la celebre favola, ma lo spettacolo si articola sulle esperienze del vissuto di queste persone e nasce dalla domanda: "Perché fate teatro?" La risposta è stata: «La società ci ha respinti, accantonati, isolati, fare teatro è l’unica possibilità per tornare a mettere un piede dentro la società». Appunto. Parlarsi? Sentirsi? Oggi come oggi è difficile, iperconnessi eppure isolati. E se un compleanno fosse il pretesto di un faccia a faccia per analizzare il proprio rapporto di coppia? La risposta è Teatro Orologio fino al 3 febbraio, con Love - L'amore ai tempi della ragione permanete, una rilettura in chiave noir della fine di un matrimonio nella nostra epoca. Amore è anche il tema di Cuori Monolocali, testo e progetto della simpaticissima Antonia Fama, primo monologo del progetto Come risolvere in due problemi che da solo non avresti, cui appartiene anche la commedia Appese a un filo: in scena allo Studio Uno da martedì 22. Da venerdì 25 a domenica 27 al Teatro Vascello c'è La Ricotta, non nel senso che offrono un buffet, bensì uno spettacolo tratto dal racconto di Pier Paolo Pasolini, che vedrà impegnati sulla scena Antonello Fassari e Adelchi Battista. La lotta tra madre e figlia, tra chi non vuole mollare lo spettro della giovinezza e chi invece lotta per togliersi la divisa di eterna bambina, è il tema di Sonata per ragazza sola, due storie omaggio a Irène Némirovskj presso la Casa delle Culture da giovedì 24 fino al 3 febbraio. Per i fortunati che hanno la fortuna di avere un'età inferiore ai dieci anni c'è Il paese dei colori al Teatro Verde, fino a sabato 26; al Teatro Mongiovino sabato 26 e domenica 27, è il teatro delle marionette ad incantare occhi gioiosi e vispi con Chiribio e la gru, favola che prende spunto da Il principe felice di Oscar Wilde. Schiudete gli occhi, accendetevi di meraviglia: buona vita, buon teatro.

Riepilogo

- Priscilla la Regina del Deserto (musical), regia Simon Phillips, Teatro Brancaccio, 24 gennaio - 10 febbraio (€19 - €69, info e prenotazioni);
- Fantasia, coreografie Mvula Sungani, Teatro Sala Umberto, 22 -27 gennaio (ridotto! 23 €13, info e prenotazioni)
- Il naso, regia Peter Stein, Teatro dell'opera, 27 gen - 2 feb (€17 - €150, info e prenotazioni)
- È stato così, regia Valerio Binasco, Piccolo Eliseo, 22 gennaio - 3 febbraio (ridotto!22 €18, info e prenotazioni)
- Pinocchio, di Babilonia Teatri, Teatro Palladium, 26 e 27 gennaio (€12 - €15, info e prenotazioni)
- Love - L'amore ai tempi della ragione permanente, regia Leonardo Ferrari Carissimi, Teatro Orologio, 18 gennaio - 3 febbraio (€13 - €10, info e prenotazioni)
- Cuori Monolocali, regia Velia Viti, Teatro Studio Uno, 22 - 27 gennaio (€10, info e prenotazioni)
- La ricotta, di Pier Paolo Pasolini, Teatro Vascello, 25 - 27 gennaio (ridotto!€20 €8, info e prenotazioni)
- Sonota per ragazza sola, regia Francesco Villano, Casa delle Culture, 24 gennaio - 3 febbraio, (8€ - €15, info e prenotazioni)

BAMBINI
- Il paese dei colori, Teatro Verde, fino a 26 gennaio (€10, info e prenotazioni)
- Chiribio e la gru, Teatro Mongiovino, sab 26 e dom 27 (ridotto! €8 €7, info e prenotazioni)
 
Leggi tutto...

Couples - The date di G.Oppedisano e Ashes to ashes di H.Pinter, Teatro Stanze Segrete

Il teatro Stanze Segrete è una piccola sala teatrale che si trova nel quartiere Trastevere di Roma. Rispetto agli altri piccoli teatri romani, la sua particolarità è quella di assomigliare in tutto e per tutto a un piccolo appartamento. Entrando si ha un po' di riguardo, come quando si entra in casa di uno sconosciuto, sembra un po' di violare l'intimità altrui, come sarebbe mettere delle sedie a casa di qualcuno ed osservare la sua vita. Funzionale dunque per tutti quei testi in cui la scena riproduce un salotto, aiutando così lo spettatore a calarsi nella privacy dei personaggi. In questi giorni è di scena Couples, due atti unici, il primo è Ashes to Ashes di Pinter (noto anche come Ceneri alle ceneri); il secondo è The Date di Giuseppe Oppedisano, il quale è anche regista e interprete assieme a Maurizia Grossi. Due coppie, legate tra esse da una comune oscurità: questo è l'aspetto da cui Oppedisano prende spunto per il suo testo, un uomo e una donna circondati da un mistero riguardo il loro rapporto. In The date, Zoe è una fumettista, lui un sicario chiamato per uccidere qualcuno. La particolarità è che la persona che lei vuole uccidere è proprio se stessa, paga per farsi uccidere. Il loro rapporto tuttavia, sembra nascondere una certa familiarità, il modo di confrontarsi appare quasi quello di due persone che si conoscono. Potrebbero essere chiunque, persino moglie e marito, cammuffati in un gioco passionale pre-morte, tanto che Zoe non nasconde il suo desiderio. In Pinter il gioco è questo, Devlin e Rebecca sono marito e moglie, o forse amanti, amici, carnefice e vittima, qualcuno per il suo modo di fare domande vede in Devlin il terapeuta di Rebecca. Ma un altro uomo c'era. Chi è quel misterioso amante di cui si parla ad inizio pièce e le diceva "baciamo il pungo"? Il racconto di Rebecca riporta ad una eco di fabbriche, di uomini, di stazioni e bambini strappati, la sua narrazione parla di una donna, ma il "lei" diviene spesso "io". Le identità si confondono, il reale diventa sogno e la nebbia avvolge la stanza in cui Devlin e Rebecca si penetrano coi silenzi, a volte teneri, altre volte aggressivi e violenti. Un confronto intimo e misterioso, che non svela i personaggi - almeno per ciò che abbiamo ereditato dal testo - lasciando il dubbio nello spettatore. Tuttavia, nella regia di Oppedisano, sembra esserci una decisione, quella di identificare definitivamente Devlin con l'amante nazista. Fin troppo illustrativa è la scelta di far scomparire Devlin - che esce mentre lei dice "A proposito, c'è una cosa che volevo dirti", lasciandola là mentre lei continua un racconto a lui diretto -  per farlo rientrare con una divisa militare con tanto di svastica. È vero che c'è un richiamo all'olocausto, ma con questa scelta ci si assume una responsabilità dichiarativa, svelando un'ipotesi e riducendo il potere seduttivo del mistero racchiuso nel testo. Tutto Ashes to ashes s'è trascinato con un po' di fatica, privo di quei silenzi penetranti tipici dei personaggi pinteriani, carico invece di una lontananza tra i due personaggi, dominati da una non-curanza e una mancanza di ascolto tale da renderli spesso indefferenti l'uno all'altro. C'è da dire che Oppedisano non è l'unico a scontrarsi duramente con Pinter, in generale difficilmente le rappresentazioni raggiungono un livello degno del suo autore, i cui testi racchiudono difficoltà interpretative tali che nei teatri si inizia ad intravedere il sorgere di un nuovo cliché teatrale. Non a caso spesso questi testi restano lontani dalle scene. Diamo atto dunque del coraggio. I due attori si riprendono in The Date, apparendo più sciolti e disinvolti, liberi dal "peso del grande autore". Ciononostante anche il secondo atto resta chiuso in una bolla dalla temperatura costante, fino allo sparo finale indirizzato al pubblico che ti fa passare tutta la vita davanti.

COUPLES
- The date di Giuseppe Oppedisano
- Ashes to ashes di H.Pinter
regia di Giuseppe Oppedisano
con Giuseppe Oppedisano e Maurizia Grossi

Assistente alla regia G.Piracci
Luci e Audio D.de Francesco

dal 22 al 27 gennaio ore 21 - domenica ore 18 presso

TEATRO STANZE SEGRETE
via della Penitenza 3 - Roma
info e prenotazioni: Tel 066872690 - email info@stanzesegrete.it
Leggi tutto...

mercoledì 16 gennaio 2013

Abbascio 'a grotta, Teatro Millelire, 15-20 gennaio. Recensione

Quasi tutti i bambini hanno una paura istintiva: è quell'innato terrore dei posti bui, delle scale che conducono in anfratti sotterranei, luoghi che sempre la loro immaginazione riempe di figure mostruose. I bambini non sbagliano, sono quanto di più vicino c'è alla natura selvaggia, un istinto primitivo che vive finché la società non li rende umani, insegnandogli ad essere non vittime ma complici del buio. Cosa c'è Abbascio 'a grotta? C'è l'orco cattivo delle fiabe, nascosto dietro la maschera di un parente o di una persona fidata; c'è la morte dell'innocenza, c'è l'estremo pianto di una ferita che continuerà a sanguinare nella coscienza per sempre. Lo spettacolo di Antonio Diana, in scena al Teatro Millelire fino al 20 gennaio, affronta il problema di questa morte morale violenta e indesiderata. Lo fa con un'esperienza che mira ad essere totalizzante, a partire dal foyer, all'interno del quale già si odono i lamenti e le grida degli attori, nascosti dietro dei teli bianchi. Spiazzante, un'idea che subito fa entrare nell'atmosfera dell'opera, intima, dolorosa, creando curiosità e la voglia di bruciare i tempi di attesa e scendere nella grotta. La grotta ha candelotti rossi, è una sorta di cantina interiore che protegge ricordi dolorosi, con biciclette, utensili, bottiglie appese al soffitto, scale di metallo. Non c'è odore, ma è come se si sentissero le esalazioni pungenti di umido e muffa perforare le narici. Un luogo cupo, da cui se fossimo soli scapperemmo, perché ci riportano a quelle primordiali paure innocenti. In quel luogo affogato nella coscienza segreta ci sono sette attori, figure corporee e visibili, scavano nella memoria di quelli che potrebbero essere anche più di sette personaggi: sono voci indistinte, non identificabili, sono momenti, attimi, respiri sovrapposti, sono bambini violati, sono uomini, donne. Forse non c'è nessuno, l'unico personaggio è la violenza stessa, che prende vita e forma dai ricordi trattenuti dagli oggetti, raccontando se stessa. Essa è una, unica, che cambia forma per adattarsi ogni volta a corpi diversi.
Il lavoro è presentato sotto forma di commedia musicale. Il testo è molto lirico, spesso rimato, una scelta che consente una certa astrazione, focalizzandosi sui momenti emotivi più alti delle violenze subite, rievocati attraverso una diligente costruzione scenica che fa delle suggestioni visive l'elemento di maggior prestigio della regia di Antonio Diana. Alcune scene in particolare rimarranno impresse nella memoria degli spettatori per lungo tempo. Osannati e ricorrenti sono anche i riferimenti religiosi, con l'immagine della croce che ritorna spesso, quasi a voler ricordare che l'accettazione della sofferenza è un fondamento delle radici cristiane (ma non mancano eccessi moralizzanti nel finale). Alla potenza scenica è affiancata la bravura degli attori, dall'ottima impronta vocale e intensità. Si va molto a fondo, gli scalini da scendere sono tanti, ma a volte si risale (probabilmente troppo), come detto infatti trattasi di commedia musicale, in cui si alterano prosa e musica. Indubbia qualità da parte degli interpreti, c'è da dire però che le canzoni hanno creato un effetto fuorviante, quasi di spensierata solarità, che anziché seguire la linea emotiva dell'interpretazione spezzava completamente da essa. In quei pochi casi in cui il deciso stacco non c'è stato, ma s'è invece mantenuta una coerenza evolutiva con la scena, l'effetto è stato più piacevole riuscendo ugualmente a creare l'alleggerimento necessario a respirare. In generale gli aspetti positivi prevalgono su quelli negativi, se la dovessimo mettere ai punti diciamo che raggiunge un gradimento del 70/80% - almeno il nostro - e certamente vale di più del generoso ridotto a €6,50 offerto dal Millelire per vederlo: soldi ben spesi.
Alessandro Giova


Abbascio 'a grotta 
scritto e diretto da Antonio Diana

Con Antonio Diana, Alessandro Lui, Antonio Piccolo, Mariano Riccio, Mario Piana, Sebastiano Formica, Michele Costabile

Musiche Originali: Mariano Bellopede
Assistente alla regia: Fabrizio Scuderi
Assistente alla regia Gabriele Mangion

dal 15 al 20 gennaio ore 21.00, domenica 18.00, presso

TEATRO MILLELIRE
via Ruggero de Lauria 22, Roma

Biglietto: intero €12, ridotto €6.50 

Leggi tutto...

Riflessi della settimana teatrale: consigli e sconti

Sbirciando facebook, ci rendiamo conto che spesso il nostro peregrinare per teatri ci fa perdere i momenti più alti dell'esistenza televisiva. Mentre milioni di italiani annaspavano davanti ad un televisore, per godersi lo spettacolo - mal riuscito - della sfida Santoro-Berlusconi, noi eravo circondati da mura amiche. Ogni sera sono le stesse cose, le stesse facce, la stessa monocorde litania. Davvero vi accontentate di essere spugne del niente? Davvero accettiamo l'avanzata silenziosa di un'esistenza spenta, asettica, telebombardata? Noi abbiamo visto la scorsa settimana una compagnia di giovani, la cosa più bella che abbiamo potuto constatare è quanto fossero vivi. Noi tutti dovremmo dire: voglio vivere, voglio essere vivo! Voglio incanto, storie, avventure. Perché è proprio l'assenza di linfa vitale a provocare le crisi, è l'assenza di reazione a provocare l'annientamento. Reagire dunque, affacciatevi sulle strade, entrate nei teatri, ne uscirete probabilmente vivi. Tanto poveri lo siamo già, la scelta è tra dei poveri morti o dei poveri vivi. Vi diciamo subito che questa settimana un qualcosa di vivo arde nel quartiere testaccio, il cinema Greenwich festeggia i vent'anni di attività; per l'occasione, nelle tre sale, verrà proiettato martedì 15 Les enfants du Paradis di Marcel Carné, inedito capolavoro appena restaurato dalla Cineteca comunale di Bologna: l'ingresso è libero! Se vivere fosse soltanto una mera accettazione della realtà sarebbe riduttiva la nostra presenza su questa terra, fortunatamente esiste la complessità, tale a volte da essere incomprensibile. Così come può essere un cambio d'identità, una spinta che nasce da una pulsione, intimamente inafferrabile, ma che si può tentare almeno di cogliere al Teatro dei Conciatori con Il grande mago, monologo di Vittorio Moroni, voce di un padre che diventa madre, interpretato da Luca De Bei. E cos'è vita se non possediamo almeno la curiosità, non vorreste scoprire cosa si nasconde in Abbascio 'a grotta di Antonio Diana in scena al Teatro Millelire, in cui sette attori ingabbiati in una simbolica grotta raccontano e vivono esperienze diverse di violenza? Cosa dire invece di chi coraggiosamente si affaccia sul mondo, facendolo attraverso il lavoro più duro del mondo? Al Teatro Sala Uno, gli allievi del terzo anno di Teatro Azione diretti da Paolo Zuccari, affronteranno Orestea. Uno studio, tratto dall'opera di Eschilo, un lavoro sulla passione e sulla potenza della paura: giovani, e in quanto tali, da sostenere. È pronto a risvegliare i palati, e i desideri, più assopiti, Il profumo del tè alla cannella di Arianna Di Pietro nell'intimo spazio del teatro Stanze Segrete, seconda tappa del viaggio attraverso "i sapori dell'eros". In un luogo segreto, tre cani competono per ottenere l'agognato collare bianco e con esso la qualifica di cane antiterrorista di élite: è ciò cui assisterete al Teatro Belli, dove per l'attesissima regia di Jacopo Gassman è in scena La pace perpetua di Juan Mayorga. Quale spinta può definirsi più vitale di una rivoluzione? Quella di Beckett ha mutato il paesaggio del teatro e della letteratura novecentesca, con Wordstar(s)  Ugo Pagliai rende omaggio al grande scrittore al Teatro Vascello. Il Teatro Arcobaleno rispolvera un classico, La pace di Aristofane, grazie alla Compagnia Castalia, antica e divertentissima commedia sul tema della guerra e della pace tra i popoli. Amato o odiato che sia, vivo è quel che conta, volto storico del teatro italiano, Gabriele Lavia e la sua lettura di Tutto per bene di Pirandello saranno al Teatro Argentina fino al 23 gennaio. Perché invece non lasciarsi tentare da Paolo Poli, il quale debutta all'Eliseo con Aquiloni, spettacolo liberamente tratto da Giovanni Pascoli. Anche il Piccolo Eliseo vive e pulsa, dell'amore possessivo e infantile tra Michele Riondino e Maria Sole Mansutti, protagonisti di siamosolonoi. Non potremmo immaginare il nostro tempo senza Woody Allen: non sapremmo dire se sia un bene o un male, è già difficile pensare la sua immagine senza il suo alter ego vocale Oreste Lionello, come deve essere vederlo in un altro corpo? Antonello Avallone è regista e interprete al Teatro dell'Angelo di La Dea dell'Amore, per la prima volta sulle scene italiane. Forse però è troppo tardi per sperare di salvarci, tanto vale rivolgersi ai piccoli eroi di domani: la gabbianella e il gatto, celebre favola di Luis Sepùlveda è al Teatro Vascello fino al 20 gennaio (sabato alle 15.00); al Teatro Le Maschere la Compagnia Il Laborincolo presenta una versione inedità della fiaba dei Grimm 7 in un colpo, tra stoffe, bottoni e teatro di figura. Respirate, toccatevi, siete vivi: buon teatro.

Riepilogo
- Il grande mago, regia Giuseppe Marini, Teatro dei Conciatori, 15 gennaio - 3 febbraio (ridotto! €18 €8, info e prenotazioni)
- Abbascio 'a grotta, regia Antonio Diana, Teatro Millelire, 15 - 20 gennaio (ridotto! €12 €6.50, info e prenotazioni)
- Orestea. Uno studio, regia Paolo Zuccari, Teatro Sala Uno, 16 - 27 gennaio (€8 - €12, info e prenotazioni)
- Il profumo del tè alla cannella - I sapori dell'Eros, regia Annalisa Biancofiore, Teatro Stanze Segrete (€10 - €13, info e prenotazioni)
- La pace perpetua, regia Jacopo Gassman, Teatro Belli, 8 - 20 gennaio (ridotto! €18 €10, info e prenotazioni)
- Wordstar(s), regia Giuseppe Marini, Teatro Vascello, 8 - 20 gennaio (ridotto! €20 €8, info e prenotazioni)
- La pace, regia Vincenzo Zingaro, Teatro Arcobaleno, 18 gennaio - 24 marzo (ridotto! €18 €9, info e prenotazioni)
- Tutto per bene, regia Gabriele Lavia, Teatro Argentina, 16 - 27 gennaio (ridotto!€18 €14, info e prenotazioni)
- Aquiloni, con Paolo Poli, Teatro Eliseo, 15 gennaio - 3 febbraio (ridotto! €13 €10, info e prenotazioni)
- siamosolonoi, regia Circo Bordeaux, Piccolo Eliseo, 8 - 20 gennaio (ridotto! €22 €13, info e prenotazioni)
- La dea dell'amore, regia Antonio Avallone, Teatro dell'Angelo, 26 dic - 3 febbraio (ridotto! €25 €16, info e prenotazioni)

BAMBINI
- La gabbianella e il gatto, Teatro Vascello fino al 20 gennaio (ridotto! €10 €5.50, info e prenotazioni)
- 7 in un colpo, Teatro Le Maschere, fino al 20 gennaio (€7.50, info e prenotazioni)

Leggi tutto...

venerdì 11 gennaio 2013

Sempre promesse, Teatro Trastevere. 10 - 13 gennaio. (Prima) recensione. Buona la prima

Vedere lo spettacolo Sempre promesse della giovane compagnia Spazioteatro mi ha ricordato i miei inizi. Una piccola compagnia in provincia di Viterbo, tutti elementi under 25, tanta voglia di fare, l'energia e la voglia di divertimento che ci divorava, l'amore di un pubblico che adorava vedere gli spettacoli di quello smidollato gruppo di promesse del teatro. L'attuale fase è quella di chi ha chiuso dietro di sé qualche porta, per affrontare cose nuove e soprattutto studiare per superare quel deficit che spesso la sola esperienza di palco non aiuta a superare: il limbo, né più giovane promessa, ma neanche già giovane Attore. E un po' inizio a capire come ci si sente a stare dalla parte del pubblico, per assistere ad una commedia allestita da esordienti che per la prima volta fanno un qualcosa da soli (e la supervisione di Paola Tiziana Cruciani, colei che li ha allevati nei laboratori del Cantiere Teatrale). Capisco cosa faceva preferire noi ad altri. C'è una vitalità, una voglia di far bene, c'è il divertimento e l'euforia, la freschezza e un incredibile desiderio di soddisfare chi ha riposto fiducia in loro facendo il biglietto. Il primo pubblico. Non è però un apprezzamento puramente sentimentale, lo spettacolo di cui Pietro Morachioli è protagonista e di cui firma anche la regia, è indubbiamente migliore di tanti altri spettacoli organizzati da compagnie amatoriali più consolidate. Non ciondolano, non vagano sul palcoscenico in preda a camminate involontarie, non devi tendere l'orecchio per capire cosa dicono, non ti fanno addormentare. Soprattutto non pretendono, come altri ingialliti veterani del teatro minore, di essere venerati in un tempio come membri supremi del mondo teatrale. Sanno di essere promesse, sanno di potere incappare in degli errori, per questo danno il meglio. Lo hanno senza fallire, con uno spettacolo che fa bene all'anima, perché ti fa capire che non tutto è perduto, che se un gruppo di dieci ragazzi può ancora credere nel teatro senza ricercare la gloria facile della televisione, allora si può persino risorgere.
Tratto da L'appartamento di Billy Wilder, la pièce vede al centro Chuck Baxter, impiegato di una grossa banca americana, il quale riesce a conquistare la fiducia prima dei colleghi dirigenti - offrendo loro in prestito il suo appartamento per piccole scappatelle - poi del capo del personale Jeff Sheldrake, cosa che lo porterà ad un avanzamento di carriera. Chuck è in fondo un bonaccione, un po' goffo e certamente onesto, anche se si lascia prendere la mano e sfrutta a suo vantaggio la situazione. Piccoli incidenti di percorso e l'amore per Fran Kubelik, amante del capo, lo porteranno a riflettere sul proprio atteggiamento.
Lo spettacolo come detto è godibile, frizzante e vivo. I giovani attori - tra cui c'è il battesimo davanti ad un pubblico di Giorgia Mareri - spigliati e intraprendenti, non sciupano la propria prima occasione da soli: una bellissima follia che il tempo affinerà. Apprezzabile il fatto che Pietro Morachioli non abbia ricalcato e scopiazzato il film, ma abbia invece cercato di staccarsi da esso dando una sua impronta. In linea di massima, regia e gag si rifanno un po' all'ABC vincente della commedia teatrale, il lavoro è accurato e pulito. Anche come attore il giovane regista dimostra di saper masticare la materia, è il motore del gruppo - attenzione a non diventare troppo ammiccanti - dando mostra di sicurezza e un'ottima padronanza malgrado la giovinezza autogestita. Dicono che i giovani di questo paese non hanno coraggio, talvolta invece accade il contrario. Coraggiosi e persino spavaldi: "anche se non vi è piaciuto ditelo ugualmente, non è giusto che solo voi prendiate la fregatura". Il coraggio questa volta sta nel dare fiducia, nel dedicare una sera a questi ragazzi, i quali ricordano a fine spettacolo "siamo giovani e piccoli, ovvero i grandi di domani". Affinché non rimangano per "sempre promesse".
Alessandro Giova


SEMPRE PROMESSE
tratto da L'Appartamento di Billy Wilder
regia e adattamento Pietro Morachioli
con Pietro Morachioli, Giorgia Mareri, Lorenzo Marco Perilli, Emanuele Guzzardi, Iaeli Anselmo, Roberto Fazioli, Giannicolò Pisaneschi, Alessia Paladino, Eugenio Tiberi

Supervisione artistica Paola Tiziana Cruciani
Aiuto regia Eugenio Pochini
Movimenti coreografici Ilary Artemisia Rossi
Ufficio Stampa: Rocchina Ceglia

dal 10 al 13 gennaio ore 21.00, domenica 18.00 presso

TEATRO TRASTEVERE
via Jacopa de' settesoli 3 - Roma
biglietti: intero €10 - ridotto €8.00
info e prenotazioni: 3452381536/3332848938 - prenotazionisemprepromesse@gmail.com

Leggi tutto...

Bukowski - A night with Hank. Teatr Millelire fino al 13 gennaio. Recensione



Torniamo per la prima volta in questo nuovo anno al Teatro Millelire in veste formale. Lo avevamo lasciato con panni informali, nelle prime ore del primo gennaio, dopo la piacevole serata offerta a base di lauti pasti, buon vino, spettacolo e intrattenimento. Un tentativo di corruzione? No, abbiamo pagato e mal volentieri rinunciamo alla sincerità.
C'è odore di ascelle. O forse è quel che si è tentati di sentire, perché quando si parla di Bukowski ci si aspetta sempre alcol, prostitute e una certa puzza di sudore. Il rischio però è quello di cadere in trappola, di costruirsi delle false aspettative, di identificare lo scrittore coi suoi vizi, la sua opera col suo stile di vita, tanto da desiderar più che i libri, il proprio autore: vogliono il Bukowski ubriacone e che parla di puttane, io glielo do. Ciò che sei spesso ti incatena. Francesco Nikzad (giovane e promettente drammaturgo) ci propone una versione inusuale, non un collage di brani estratti dai libri o una lettura, ma un testo originale che esce dai binari di una troppo facile e abusata ricostruzione (ormai quasi un cliché) del Bukowski circodanto da bottiglie e donnine, restituendo il suo pensiero piuttosto che la sua immagine amplificata dal mito. Protagonista non è Bukowski, ma Charles, in un'insolita sbronza di sobrietà, non beve da quattro giorni, senza Linda Lee – uscita, doveva rientrare subito - solo, sepolto nelle proprie fragilità di vecchio ubriacone perdente. Si svela, prende coscienza, accende e spegne le luci di quei pensieri che forse affiorano troppo nitidi, troppo reali. Accende e spegne, per raccontare agli altri, per raccontare a se stesso, in una solitudine fatta di carta da pacchi marrone. È il Charles più nascosto, quello dell'uccello azzurro nel cuore, che ama e ne sente l'urgenza, che racconta della famiglia, che con uno sforzo doloroso affronta il male sofferto e resiste ai richiami della bottiglia. Intimo, debole, nudo. È tutto quello che meno ci si sofferma a considerare, accecati come siamo dal fascino dell'artista sregolato. Ma il vecchio Hank, cui da giusta voce e corpo Roberto Galano, non è un animale da circo, ma solo un uomo da capire, una notte, usa sola, in cui si ha la fortuna di stare soli con lui. C'è spazio ovviamente per alcune citazioni del celebre scrittore e poeta, che ben si incastrano con la drammaturgia di Nikzad, creando una sinuosa continuità tra questa e gli estratti, i quali arrivano a tagliare l'aria come fendenti di luce di una lampadina oscillante, illuminazioni furtive di verità.
Con una voce arroccata da fumo e alcol, un corpo stanco e decadente, cavalcando i silenzi e le immagini del testo come un uccello azzurro plana sulla solitudine notturna, in un edificio scenico da lui stesso pensato e diretto per evocare l'immagine di un uomo impacchettato, Roberto Galano oltrepassa il mito riuscendo a trasmettere – in un faccia a faccia spesso ravvicinatissimo che a volte diventa persino contatto fisico con lo spettatore – un Bukowski più autentico di tante altre sue caricature. La soddisfazione di molti fan ne è probabilmente la prova più tangibile. 
Alessandro Giova




BUKOWSKI – A NIGHT WITH HANK
di Francesco Nikzad
regia e interpretazione: Roberto Galano
compagnia: Teatro dei Limoni – Foggia

8 – 13 gennaio ore 21.00, domenica 18.00 presso

TEATRO MILLELIRE
Via Ruggero de Lauria 22 – Roma
Biglietti: intero €12 - ridotto €8 (prenota ora)

Leggi tutto...

lunedì 7 gennaio 2013

Lo spettro - Charles Baudelaire

(nell'immagine: Sun, di Edward Hopper)

***
Come gli angeli dall'occhio fulvo
tornerò nella tua alcova,
scivolerò senza rumore verso te
con le ombre della notte,

e ti darò freddi baci
come la luna, o bruna, 
e carezze come un serpente
che striscia intorno ad una fossa.

Quando verrà il livido mattino, 
troverai il mio posto vuoto
e resterà il freddo fino a sera.

C'è chi usa la tenerezza,
sì, ma io regnerò sulla tua vita
e sulla tua giovinezza col terrore!


Le Revenant
Comme les anges à l'oeil fauve,
Je reviendrai dans ton alcôve
Et vers toi glisserai sans bruit
Avec les ombres de la nuit;

Et je te donnerai, ma brune,
Des baisers froids comme la lune
Et des caresses de serpent
Autour d'une fosse rampant.

Quand viendra le matin livide,
Tu trouveras ma place vide,
Où jusqu'au soir il fera froid.

Comme d'autres par la tendresse,
Sur ta vie et sur ta jeunesse,
Moi, je veux régner par l'effroi.


— Charles Baudelaire
 
Leggi tutto...