sabato 31 marzo 2012

Appese a un filo, Piccolo Teatro Campo d'Arte

Se mi chiedessero cosa passano di interessante in televisione, risponderei che certamente c’è un qualche bravo attore in scena in un piccolo teatro. Questo è un fatto: ci sono tanti attori e attrici bravi, più bravi di molti cialtroni televisivi, che s’accontentano di quel ristretto gruppo di coraggiosi che ancora pagano un biglietto a teatro. Qualcuno di bravo si può trovare al Teatro Campo d’Arte di Roma, piccola realtà teatrale nel cuore di Campo de' Fiori, il quale ospita fino al 1 aprile una ironica e brillante commedia vestita di rosa diretta da Velia Viti.

Quando Adamo ed Eva trassero la mela dall’albero, non sapevano d’essere appesi a un filo. Così, spezzati i fili dell’eternità, ecco spuntare altri fili: dal filo di Arianna a quello telefonico. Tre epoche, tre donne diverse, le quali si passano il filo di un apparecchio divenuto nel tempo emblema e prigione, strumento di comunicazione e filtro d’incomunicabilità, mezzo di avvicinamento di persone lontane e d’allontanamento per persone vicine. Dai primi apparecchi degli anni '40 alle cabine telefoniche degli anni '60, fino ai più moderni cellulari, il telefono appende ad un filo l’attesa, le speranze delle donne, spesso mascherando verità, altre volte creando suggestioni e illusioni. Protagonisti sulla scena Alessandro Di Somma, il quale apre lo spettacolo, diventando poi quell’invisibile interlocutore del quale non si hanno tracce, e riaffiorando sulla scena per girare le lancette del tempo in cui magistralmente si muove un’indomabile Maria Antonia Fama, mattatrice, one woman show che fa e disfà i fili dello spettacolo. Tanta energia e caratterizzazioni comiche degne di nota, gioca divertendosi lei stessa, alternando canto e recitazione, muovendosi senza fatica nell’interpretazione dei tre personaggi.

Al di là dell’ottima prova degli attori, si può ben dire che Appese a un filo è un eccellente prodotto teatrale, caratterizzato da un testo profondamente autoironico che tuttavia riesce a restituire un’ottima fotografia emotiva dell’universo femminile. A questo si aggiunge l'elemento base, ovvero la regia di Velia Viti, in grado di sfruttare sapientemente il piccolo e suggestivo spazio del Teatro Campo d’Arte, utilizzando al meglio le luci e trovando delle soluzioni intelligenti nella gestione dello spazio scenico, dando l’impressione che il palco fosse molto più grande di quanto non fosse. Ed anche le registrazioni per una volta riescono a non dare fastidio.

Una macchina che funziona e si amalgama bene in tutti i suoi elementi, uno spettacolo che tutti possono apprezzare ed al quale auguriamo una vita più lunga di cinque repliche.

Recensione a cura di Alessandro Giova

APPESE A UN FILO
Regia Velia Viti
con Maria Antonia Fama e Alessandro Di Somma

Grafica: Claudia Campone
Ufficio Stampa: Rocchina Ceglia 3464783266

dal 28 marzo al 1 aprile
ore 21.oo - domenica 18.00 al

PICCOLO TEATRO CAMPO D'ARTE
Roma, Via dei Cappellari, 93 - (Campo de' Fiori)
Biglietti: 10 euro + 2(t.a.)
Info e prenotazioni: 3288350889 - 3386432344 - 3472926032



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giovedì 29 marzo 2012

Dall'asteroide B 612 al Teatro dell'Orologio. Recensione I principi che eravamo, liberamente ispirato al Piccolo Principe



Ci sono due storie dietro questo piccolo principe. Una è quella di un facchino che ogni mese ha messo via parte del suo stipendio per finanziare il Piccolo Principe di Francesco Piotti. Nonostante la crisi, nonostante questo sia diventato negli anni un paese nel quale la cultura s'è fatta sempre più elemento marginale, nonostante tutti preferiscano l'ultimo ritrovato tecnologico, esistono ancora persone che sanno stupirsi e stupire, ricercando in sé quell'essenziale “che è invisibile agli occhi”. L'altra storia, è quella drammaturgica, attorno a cui si costruisce questa versione teatrale del piccolo principe. Un impiegato, distratto e sommerso dalle carte nel limitato angolo di un ufficio, segue la solita routine. Il suo occhio è sognante, lo si vede fin dall'inizio fantasticare mentre i colleghi portano sulla sua scrivania le pratiche giornaliere. È lui l'uomo destinato a non arrendersi alla piatta quotidianità, a divenire il Piccolo Principe (Michele Balducci). Per uno scherzo della mente, o per uno strano sortilegio, i suoi colleghi diventano l'uno il maestro dei sogni (Antonio Calamonici), l'altra la sua assistente (Enrica Nizi). È l'inizio di un viaggio che lo porterà a visitare pianeti, ad incontrare buffi personaggi, che altro non sono se non una metafora di se stesso vista con gli occhi di un bimbo. Quanti hanno percorso con la mente quel viaggio fantastico dal piccolo asteroide b612 fino alla terra? Quanti invece hanno desistito, perché grandi, perché seri, perché troppa è la responsabilità di dover gestire, contare, amministrare, possedere? Ma un piccolo moto può tornare, e allora gli oggetti che ci circondano possono dar vita ad un ambiente da favola.
Già da questo semplice artificio, capiamo molto di quello che Francesco Piotti ci vuol comunicare. Un ritorno al fantastico, un invito a non trascurare mai quel bambino interiore che vuol curare la sua rosa. Ognuno di noi ha una rosa di cui prendersi cura, ma tutti corrono e son troppo distratti per rendersene conto. “È urgente raccontare il desiderio della mia generazione - spiega Piotti - di recuperare i valori di bontà e solidarietà che da piccoli ci hanno indicato come fondanti e che, invece, oggi sembrano ostacoli al successo e all'affermazione di sé”. E se per una volta non trascurassimo la rosa, bensì le carte?

Anche se estrapolato con coraggio dal suo contesto narrativo, il Piccolo Principe riesce comunque a prender vita in quel luogo adottivo e d'occasione che è il palcoscenico del Teatro dell'Orologio, grazie ad una regia ricca di spunti interessanti, in grado di conciliare – anche scenograficamente – il reale e l'immaginario. Un gioco, che oscilla tra l'uso della tecnologia – la quale delinea lo spazio stellare e dei pianeti - che rende visibile l'invisibile annullando le nostre spinte fantastiche, e il “rituale scenico”, fatto di immaginazione, corpi che mutano nel tempo e nello spazio, avvalendosi di attori e oggetti per creare un'evocazione. E le immagini create sono davvero un qualcosa che spesso si avvicina, con semplicità e senza presunzione, ad un mondo fatto di poesia. Anzi, alla fine la realtà dell'immaginazione riesce ad emozionare ben più di quella virtuale e in 3D, che di fatti non diviene che vana cornice al cospetto della potenza del sogno. Una dinamica scenica, quella dei tre istrioni sognatori, in grado di produrre un ottimo effetto di ritorno sul pubblico e che poteva ancor di più essere sfruttata: mancava un'atmosfera di piena magia, come se talvolta si percepisse un limite, non certo registico, ma di volontà, ossia il non volere osare troppo. Forse anche complice un impianto luci che non ha giovato delle stesse attenzioni riservate ad altri aspetti, come ad esempio l'importante accompagnamento delle musiche originali di Mimosa Campironi e delle animazioni di Alessio Bianciardi.
Ciononostante uno spettacolo apprezzabile, con un cast giovane e un'idea alle spalle, che ci si augura possa ancora maturare ed essere portata avanti. Perché oggi, più d'ogni altra cosa, c'è bisogno di riscoprire il Piccolo Principe, di dedicare un po' di tempo in più alla cura del pianeta personale di cui ognuno di noi è guardiano; di non dimenticare la nostra rosa, che magari è lì, nel vaso di un ufficio, e che ogni giorno annaffiamo senza troppa attenzione.


I PRINCIPI CHE ERAVAMO

Testo inedito di Francesco Piotti liberamente ispirato al piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupery

Regia di Francesco Piotti
Con: Michele Balducci, Antonio Calamonici, Enrica Nizi, Letizia Letza La rosa

Musiche originali: Mimosa Campironi
Tecniche digitali, Scenografia virtuale: Alessio Bianciardi
Assistente Scenografia Virtuale: Chiara Bertin
Scenografia: Daniele Spisa
Assistenti scenografia: EneasMedeot Chiara Bertin
Costumi: Laura Chiusolo Danila Del Percio
Assistente ai costumi: Viviana Crosato
Aiuto regia: Sergio Proto
Locandina: Paolo Moretti
Ufficio stampa: Francesco Caruso Litrico - fralit@alice.it

fino al 1 aprile al

TEATRO DELL'OROLOGIO
via dei filippini 17/a

Biglietti: €13 - ridotti €10 (prenota online e paga in biglietteria)

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sabato 24 marzo 2012

L'essenziale è visibile al Teatro dell'Orologio. Fino al primo aprile in scena Il Piccolo Principe


Tutti i grandi sono stati bambini una volta. (Ma pochi di essi se ne ricordano). Credo che difficilmente ci sia qualcuno che non conosca questa frase e ne ignori la fonte. Nel caso una tale persona esista, consiglio a codesto individuo di rimediare a siffatta mancanza e leggere Il Piccolo Principe. E' un libro per bambini, e se vi è ancora un po' di quel bambino che siete stato, non dovreste avere grandi difficoltà nel capirlo.

Ho letto spesso Il Piccolo Principe, e lo rileggerò ancora. Un appuntamento che si rinnova ogni volta che sento il cuore inaridirsi, ogni volta che vado perdendo meraviglia, ogni volta che percepisco nell'anima l'imbarbarimento dell'essere grande. Questo è ciò che tutti dovrebbero fare: riscoprire quel giovane fanciullo pieno di meraviglia chiuso dentro di noi, nascosto nell'angolo più buio dell'essere, emarginato per far posto ai tanti problemi quotidiani - reali o indotti - alla finanza, alle cose, alle essenzialità di plastica. Semplicità e gioia delle piccole meraviglie della vita, che son lì, proprio sotto i nostri occhi, ma siamo incapaci di vedere con questi nostri occhi da grandi. Ritrovare in noi il fanciullo è possibile, trovare un posticino piccolo piccolo vicino al nostro cuore pieno di cose "più serie" nel quale tornare a custodire i sogni, anche. Reinventarsi sognatori - anche moderati - e affacciarsi alla finestra del mondo con uno spirito nuovo. "Non so da dove partire" dirà qualcuno. "Partire dal Piccolo Principe" rispondo: egli può darci una mano, può condurci lungo il sentiero della vita ed aiutarci a trovare le chiavi che abbiamo smarrito.

"L'essenziale è invisibile agli occhi", l'essenziale è visibile al Teatro dell'Orologio fino al primo aprile: quale modo migliore per muovere il primo passo se non quello di andare al Teatro dell'Orologio a far visita al Piccolo Principe. Uno spettacolo che fa sicuramente gola agli appassionati del giovane amico, ma suscita anche un interesse più specificatamente teatrale, perché non è certo un testo abituato a vivere sul palcoscenico. Vive nell'immaginario, son pochi coloro che hanno tentato di dare una forma a questa immagine onirica. Ci prova ora Francesco Piotti, che ha curato adattamento e regia, attraverso un viaggio che da una parte si avvale dell'apporto della tecnologia 3D per evocare mondi lontani, dall'altra condisce la narrazione con espedienti che rimandano all'arte di strada. Due mondi contrapposti che convivono come anime diverse di una stessa persona. Basterà ciò a ritrovare quella rosa perduta quando siamo dovuti diventare adulti?

IL PICCOLO PRINCIPE
di Antoine De Saint-Exupéry

adattamento e regia: Francesco Piotti
con Michele Balducci (Il Piccolo Principe) Antonio Calamonici (Il Mastro dei sogni) Enrica Nizi (L' Assistente) Letizia Letza (La Rosa)

scenografia: Daniele Spisa
animazoni digitali: Alessio Bianciardi
costumi: Laura Chiusolo e Danila Del Percio
ufficio stampa: Francesco Caruso Litrico
aiuto regia: Sergio Proto
musiche originali: Mimosa Campironi

20 Marzo - 1 aprile al

TEATRO DELL'OROLOGIO
via dei Filippini 17/a - Roma
ore 21.00 - domenica ore 18.00

Biglietti: €13 - ridotto: €10 (prenota online e paga in biglietteria)


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venerdì 23 marzo 2012

Camere da letto, Teatro Trastevere dal 20 al 25 Marzo

Quante cose si possono capire da una camera da letto? Tante, è quanto afferma Delia, una delle protagoniste di Camere da letto, commedia di Alan Ayckbourn in questi giorni in scena al Teatro Trastevere per la regia di Marta Iacopini. Probabilmente chi si trova ad essere osservatore potrà capirne molte di più rispetto a chi in quella camera si ritrova protagonista. E ancora, è più facile capire le camere da letto altrui che non le proprie. E' questo che accade alle quattro coppie protagoniste di questa intelligente e ironica commedia. Tutti conoscono i problemi di Trevor e Susannah, coppia in crisi relazionale e sessuale, tutti ignorano o non conoscono i propri. E proprio la profonda crisi di Trevor e Susannah, è la scintilla che fa luce sulla situazione delle altre tre coppie. Ognuna ha i suoi problemi, le piccole personali incomprensioni nascoste sotto il velo della quotidianità. Ma uno spettacolo teatrale è fatto per far emergere queste discrepanze, è specchio di vita che riflette anche più della vita stessa. Qui non esiste il sommerso: tutto emerge, ogni nodo viene al pettine. Le quattro coppie, in apparenza felici, dovranno fare i conti con le difficoltà emergenti della propria vita di coppia. Nessuno ne è immune, nessuno sfugge alla verità emergente dalla camera da letto. Un testo che mette a nudo attraverso il luogo simbolo della vita di relazione, con brillante amarezza e umorismo, la coppia, quel binomio osannato e che oggi si stenta a riconoscere, a comprendere.

Allo spettatore che abbia voglia di specchiarsi, ritrovando un po' di sé in queste vicende, non possiamo che consigliare di andare una sera al Teatro Trastevere. Senza drammi, senza crisi, con leggerezza, per poter dire “capita anche a me”. Lo spettacolo della compagnia di Guido Lomoro, si fa apprezzare soprattutto per la costruzione scenica: una costruzione su tre livelli, che crea un effetto il quale rispecchia senz'altro lo stesso equilibrio/squilibrio presente nel testo. Visivamente, le tre camere, formano una sorta di bilancia al cui centro – e livello più basso – è disposta la coppia più anziana ed equilibrata. Le altre oscillano intorno a questo modello ideale, con notevole difficoltà, passandosi il peso del povero Trevor che ora fa pendere la bilancia della disfatta da un lato, ora dall'altro. Una gestione dello spazio ben riuscita, come del resto la scelta degli elementi – letto e lampade – tutti uguali, come a voler evidenziare che lo spazio fisico non è che un contorno di un comune spazio mentale. E così è nella vita: diversi contesti che producono dinamiche spesso simili.

La scelta delle coppie premia certamente il carattere tipico degli attori presenti; sebbene poi, qualcuno si faccia apprezzare più d'altri. Tra i tanti, convincono soprattutto Guido Lomoro e Daniele Trovato, mentre tra le donne si fa notare Claudia Filippi nel ruolo di Susannah.

Recensione a cura di Alessandro Giova


CAMERE DA LETTO
di Alan Ayckbourn

Regia di Marta Iacopini
con Giovanna D'Avanzo, Alessandra di Tommaso, Claudia Filippi, Cristina Longo, Francesco Del Verme, Guido Lomoro, Alessandro Morresi Zuccari, Daniele Trovato

Scene: Marta Iacopini e Cristina Longo
Disegno luci: Adalia Caroli
Tecnico luci: Giuliana Rauccio
Produzione: Guido Lomoro
Ufficio Stampa: Rocchina Ceglia

dal 20 al 25 Marzo 2012 ore 21.00 (domenica 18.00) al

TEATRO TRASTEVERE
via Jacopa de' Settesoli 3
info e prenotazioni: 06.83664400 - 333.3256289
kiediscena@kiediscena.it

Biglietti: 11+2(t.a.) - Ridotto: 8+2(t.a.)

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sabato 17 marzo 2012

Nel nome del padre, Teatro Antigone, 14-18 Marzo


Stefano Mondini firma la regia de Nel nome del padre di Luigi Lunari, in scena al Teatro Antigone dal 14 al 18 Marzo 2012.

***

Nel nome del padre è probabilmente uno dei migliori testi teatrali che la drammaturgia italiana contemporanea abbia prodotto negli ultimi anni. Tragedia dolce-amara, o commedia sentimentale come la definì lo stesso Luigi Lunari, è la storia di Aldo (Stefano Persiani) e Rosemary (Maria Giordano), due personaggi della vita reale, la cui identità viene svelata poco a poco. Figli di due diverse ideologie, ma che condividono la stessa, identica maledizione: quella di non essere all'altezza dei padri. Sospesi in un non-luogo di un non-tempo, una sorta di sala d'attesa dell'eternità, lui figlio di Palmiro Togliatti, lei figlia di Kennedy e sorella del presidente assassinato, evocheranno il difficile percorso della propria non-esistenza, confessando, ricordando i propri padri; atto dovuto, per potersi liberare del passato e accedere alla pace eterna. Figli di due opposte visioni del mondo, che pur si ritrovano fratelli in un dramma condiviso: schiacciati e dimenticati, quasi disconosciuti dall'ego di quei padri forti. Un dramma che si consuma nel racconto amaro, conciso, un peso oscillante tra l'ammirazione e la condanna.

Una vicenda che non necessita di fastose architetture sceniche, tanto è forte la parola che da sé prende vita. La messa in scena di Stefano Mondini è essenziale e sobria: un tavolo, due sedie, una poltrona, un davanzale con dei libri, due valige con delle vite non vissute, una bambola di pezza; la parola è posta al centro, come elemento determinate, naviga liberamente senza perdersi, modellando ed evocando i profondi stati emotivi. Una luce che inonda la scena di un rosso che lascia intravedere ma non svela, quando minacciose tornano le figure temibili del passato. Un rosso che è anche il ribollire del sangue che pulsa alle tempie, che arde spargendosi sulla scena come il fuoco di una duplice condanna: quella di sé, della tortura d'una esistenza minore; quella dei padri, ora divenuti vittime sacrificali sull'altare del pubblico disprezzo. Sebbene ci siano momenti in cui i personaggi sembrino ricercare un abbraccio paterno mai avuto in vita, è assolutamente dominante la volontà di far emergere invece la spietata asciuttezza con la quale tentano di purificarsi. Ed è proprio con l'emergere di questo carattere che l'attenzione si fa penetrante. Dall'inizio in cui non si sa dove e con chi identificarsi, si passa ad una seconda metà dove invece diviene talmente forte il carattere di compenetrazione - il quale coincide anche col momento di maggior intesa tra gli attori - che quasi ci si dimentica di essere nella sala di un teatro, o essere noi altri rispetto ad Aldo e Rosemary. Quando accade questo, quando lo spettatore non siede più in platea ma tocca i libri e respira la scena, è allora che si diventa un tutt'uno e lo spettatore può, con sgomento, dire: “Aldo e Rosemary sono io”.

Recensione a cura di Alessandro Giova



NEL NOME DEL PADRE
di Luigi Lunari

Regia di Stefano Mondini
con Maria Giordano e Stefano Persiani

Aiuto Regia: Carlotta Guido
Luci e audio: Marco Fumarola
Musiche: Angelo Talocchi
Ufficio Stampa: Rocchina Ceglia
Ripresa Video: Paolo Persiani

dal 14 al 18 Marzo 2012 al

TEATRO ANTIGONE
Via Amerigo Vespucci 42- Roma
info e prenotazioni:3386585664

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giovedì 1 marzo 2012

Divergenze

(nell'immagine: un'opera di Zdzisław Beksiński)

L'uomo ama la vita, che è dolore e angoscia, perché ama l'angoscia ed il dolore.
- Fedor Dostoevskij -

***

Quel che voi dite Vita
lo chiamo io annegamento
lento asservirsi alla Noia,
scarna elusione dell'Essere.

Peggio ancora del non-vivere
l'imposizione morale del vivere:
adagiatemi su rive melmose
ch'io viva qui, morendo.

All'ultimo respiro pensiero
udirò pulsante alle tempie
annunciarmi un paradosso:
vivere è fuggir la vita.

Mi spinga allora il vento
ove solo su bianca arena
famelici granchi punzecchieranno
queste amare carni rancide.

Ch'io rinasca tra i flutti
in cui s'incagliano liberi pesci
e s'allontana l'uomo dall'uomo
irretito da ipnotici guizzi;

a me piacciono le bettole
regno di fango, estremo limite
tra umano e inumano, dove
il prodigio ancor mi coglie.

Matteo Di Stefano

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