giovedì 22 dicembre 2011

Il calabrone, l'amicizia... - Alberto Bevilacqua

...nell'inerzia mattutina
mi punzecchia un calabrone:
credo voglia ricordarmi
che io mi ero amico, un tempo, un amico discreto
- vivevamo noi due in una buona incomprensione:
purché innocente l'uno,
purché l'altro dissoluto
ma per una scherzosità libertina

capriccioso a volte esige che mi arrabatti con lui
per spiaccicarlo ai vetri,
ma il calabrone lo sa
che non saprei ammazzare neanche una mosca,
nemmeno di una formica
potrei cancellare la lenta calligrafia
del suo passo sul foglio di una mia poesia
- m'incanta quella minuscola ebbrezza passeggera
d'esser parte di un verso

le cose prendono il nostro contorno di bello
- io e il calabrone
due immagini ina una persino voluttuose:
voliamo beffardi di noi infine
nell'aria del soleggiato giardino,
volo di amici che altri ne raduna:
l'aiuola ablunga di viole, un muro
di rampicanti dal colore indovino

non più l'effimera morte
del suo residuo di vita
l'inseguo
ma per cacciarne la fine dal suo volo,
e valga il sospetto:
per cacciarne una mia ombra già
a taglio nel cuore, di uomo solo
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giovedì 1 dicembre 2011

Una notte ho capito, ho carpito..

(nell'immagine: un'opera di Magritte)

Già per il semplice fatto di aver scelto di fare questo mestiere
non siete persone normali (cit.)

***

Strani esseri popolano la città di notte. Io sono uno di quelli...
Muovendo, senza pretese di orari, attendo di arrivare a destinazione, sulla mia brandina arrangiata in uno spazio che non è casa, ma habitat, rifugio. L'N25 partirà alle 3.05, si assottiglia il tempo. Forse si chiuderanno gli occhi mentr'altri si schiudono, poi sarà nuovo giorno, anche per me che non ho dimora, se non nella mia anima.
Scruto il cielo, coperchio dell'eterna città, solo tre stelle vedo. È una volta spoglia che ingurgita i lamenti dei relitti umani che chiedono perdono a sé stessi.
Percepisco un bagliore e sono io, io che m'infiammo come una stella ardente. È questa la vita che voglio fare. Non ho orari, solo voglia della mia arte e di viver persone. Per questo basta paure. Illuminarsi, nel buio, di un raggiante universo sommerso. Non serve altro che una strada, una direzione, una possibile deviazione. Tutto è superfluo, perché ci danniamo tanto per l'inessenziale? Abbiamo tutto, abbiamo noi stessi. Il resto sono essenzialistà di plastica, accessori che vogliamo possedere, i quali possedendo ci posseggono. Basta con l'inseguire le vane luci, i miraggi, cerca te stesso, troverai l'oasi della consapevolezza. Così t'accorgi che basta poco per esser vivi davvero, liberi, mentre si staccano e planano oscillanti foglie gialle.
Ah, mani gelide, che ancora trovate l'ardore per tramutare sentimenti in parole!
Questo, questo e null'altro è ciò che reclamo rannicchiato e intirizzito in un angolo della notte. Una tracolla di sogni conservati con cura: non è mai troppo tardi per sperare, è sempre un ottimo giorno per lottare. Illusioni? Vince chi lotta: ed è una guerriglia silenziosa e scura consumata con esseri che russano, quasi decomposti; umani sinceri gli umani della notte di cui gli umani del giorno temono lo sguardo. Ma essi hanno occhi che non mentono, non han pudori, puoi scorreggiare forte. Paura. Non io, che mi trovo a metà.
Lotta, lotta per un sogno di Libertà, sorseggiata a fiotti da un cielo piombo.
E poi... antichi volti apparsi inaspettati dall'ombra, un panino ad ingannare l'attesa e il gelo, il Tevere che scorre gorgogliante di scorie. Ah, eterno fiume, tu vivi! Tu sopravviverai a noi carcasse del tempo limitato; troppo per ridurlo a ghirlanda decorativa dell'inutilità.
Ah, come brucia il freddo. E ancora punge quest'attimo, rovente, 4.20... l'ambito premio ruggente, vibrante, ah, mio Caronte, mio ultimo viaggio, linea N24! Ultimi sussulti, ultimi metri, ultimi scorci della notte che fu: un teatro, una birra, una lunga camminata per non lasciar in balia di fauci bavose una giovane donzella, Romeo e Giulietta, Ubu Re, Foscolo e Pascoli, un monologo, lo stesso da cui tutto partì: "mi hanno sistemato con un pezzo di carta" e con un pezzo di carta ti sistemo, oh notte! Poi, ancora, il buio e chi si risveglia già, gli umani del giorno si destano, con le paure, con le prigioni. "...con un pezzo di carta.." da lì partii, per ritrovarmi ora qua con una penna a lacerare l'oscurità. Un'attesa infinita, poi, la dimora, l'habitat, rifugio, meta. Io vivo, io lotto, io, libero in volo. Fine. Inizio..

Matteo Di Stefano
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venerdì 18 novembre 2011

E se non puoi la vita che desideri - Konstantinos Kavafis

(nell'immagine: Autoritratto n.2 di Davide Disca)

E se non puoi la vita che desideri
cerca almeno questo
per quanto sta in te: non sciuparla
nel troppo commercio con la gente
con troppe parole in un viavai frenetico.

Non sciuparla portandola in giro
in balìa del quotidiano
gioco balordo degli incontri
e degli inviti,
fino a farne una stucchevole estranea.


Kavafis Konstantinos
da Settantacinque poesie


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lunedì 7 novembre 2011

Fortuna - Silvia Scotto d'Antuono

http://2.bp.blogspot.com/_RMFUYvirAQs/TSimSGF-4SI/AAAAAAAAAGc/ACmMNdFH0Oc/s1600/magritte.jpg
(nell'immagine: gli amanti di René Magritte)

Silvia Scotto d'Antuono è una giovane attrice e poetessa romana. Questa poesia è tratta dalla sua prima raccolta La Donna e il Poeta - dedicata ad Alda Merini, alle donne e alle dee - che raccoglie una selezione dei lavori che vanno dalla maturità ad oggi.

***
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Mischiate le carte del nostro amore
si estrae la fortuna dall'urna della sorte.
Ho scelto una bambina
dai riccoli d'oro
bendata
affinché non vedesse
l'osceno pulsare di questa passione.

Di te ho riempito le notti
come d'un profumo d'unguento
che fa dolce il riposo.

Sono andata alla messa del Venerdì Santo
e ho unito le lacrime mie
con l'acqua di Dio.

Laverò così le tue piaghe
quando tornerai dalla guerra
e veglierò le tue notti
in preda al delirio.

Ho parlato alla Maga
e sorriso al suo amante indovino
per avere certezza del mio nuovo destino.



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domenica 6 novembre 2011

E poi...

http://www.bcreative.al/wp-content/uploads/2010/11/beautiful-2ddrawings-2d38.jpg
(nell'immagine: un dipinto di Vladimir Kush)

Siedi sul tuo muretto interiore
mangi luce nutrendo ombre
sgusci involucri senza guscio
hai un vascello ma non il mare
apri lo scrigno ed è vuoto
conti le dita e non bastano
dopo una porta un'altra porta
spira il vento e volano i fogli.

Matteo Di Stefano
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sabato 5 novembre 2011

Il Dono

http://www.maurocolombo.com/i-dipinti-dell-artista-mauro-colombo/dipinto-mauro-colombo-come-saro-da-grande-g.png
(nell'immagine: come sarò da grande, dipinto di Mauro Colombo)

Dammi acqua
perché non muoia

Dammi la rugiada
perché io sia erba

Dammi il sole
affinché possa vedere

Dammi una strategia
di pura sopravvivenza.

Matteo Di Stefano

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giovedì 3 novembre 2011

Bufera di sensi

http://www.codart.nl/images/RubensMedusaCa1615Hermitage.jpg
(nell'immagine: Medusa di Rubens)


Il sordido Tevere è esondato
dell'aver troppo versato
lacrime - anima mia, beltà -
pel nostro coro languente.

Sotto un macigno divelto
alla taciturna mia quiete
massacrato d'amore e peste
ho sgocciolato riverso;

di giorni felici un'eco
ancor ferisce e cuce scabra
la notte sanguinolenta, ultima
e prima; morta, e poi viva.
Matteo Di Stefano

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lunedì 31 ottobre 2011

Le tre parole più strane - Trzy Slowa Najdziwniejsze - The Three Oddest Words

(nell'immagine: un dipinto di Joan Mirò)

Poesia di Wisława Szymborska, poetessa polacca e vincitrice del Nobel per la letteratura nel 1996.
Futuro, Silenzio, Niente, tre strane parole esorcizzate in pochi versi, messe a nudo e private della loro particolare natura attraverso la poesia. Perché la poesia è un eterno presente che oltrepassa i tempi; perché la poesia è il suono dell'anima che silenziosamente prende vita su un foglio di carta e in esso si esalta nel suo canto muto; perché poesia può essere tutto, fuorché Niente.

***

Quando pronuncio la parola Futuro
la prima sillaba va già nel passato.

Quando pronuncio la parola Silenzio,
lo distruggo.

Quando pronuncio la parola Niente,
creo qualcosa che non entra in alcun nulla.



Traduzione di Pietro Marchesani



Lingua originale: Trzy Slowa Najdziwniejsze


Kiedy wymawiam słowo Przyszłość,
plerwsza sylaba odchodzljuż do przeszłści.

Kiedy wymawiam słowo Cisza, niszcz ęją.

Kiedy wymawiam słowo Nic,
stwarzam coś, co nie mieści się w żadnym niebycie.


English version: The Three Oddest Words


When I pronounce the word Future,
the first syllable already belongs to the past.

When I pronounce the word Silence,
I destroy it.

When I pronounce the word Nothing,
I make something no non-being can hold.



Translated by S. Baranczak & C. Cavanagh



Wislawa Szymborska
da Attimo. Testo polacco a fronte


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mercoledì 26 ottobre 2011

Tra narrazione e cronaca: la vera storia della monnezza


Alla fine negli occhi di Ulderico Pesce c'era tutta la stanchezza di un uomo che ha affrontato un lungo monologo, ma anche la forza di chi usa la sua arte per promuovere, denunciare e raccontare. Forse chiedevano persino scusa quegli occhi, ad un pubblico che per 80 minuti lo ha seguito, quando dopo i doverosi inchini ha rubato ancora qualche minuto per far conoscere le battaglie che sta portando avanti, promuovere gli altri due spettacoli della trilogia che andranno in scena anch'essi al Teatro Ambra alla Garbatella, e scherzare un po' con un uomo ben vestito per accertarsi che non fosse un avvocato. Perché è chiaro, fare teatro come lo fa Ulderico Pesce inevitabilmente ti porta ad avere molti nemici. Infatti, racconta, proprio ieri è arrivata una querela da parte di un'azienda citata nello spettacolo.
Alla fine, nessuno si è annoiato. Tutti gli spettatori hanno ascoltato con interesse, hanno riso ma anche riflettuto uscendo con un bagaglio di conoscenza più ampio. L'Italia dei rifiuti, come nessuno la racconta, come le cronache di tv e giornali non hanno il coraggio di affrontare. Ci vuole, per questo, tutta l'energia e l'impavidità di un uomo solo su un palcoscenico, convinto che una rivoluzione possa partire da un teatro e contaminare la società: una rivoluzione di verità e coscienza. Ed anche se qualcuno decidesse di raccontarla, non avrebbe probabilmente la stessa potenza attrattiva. Lui è lì, su un palco, luogo principe nel quale affrontare e denudare l'uomo. "Il teatro deve reggere lo specchio alla natura" dice Amleto, e Ulderico Pesce regge il fragile specchio di un paese sul precipizio dell'illegalità. Ha affrontato con brillantezza l'argomento, lo ha condito con la narrazione di personaggi inventati (ma non troppo), ci ha messo dentro l'ironia necessaria per aprire i cuori attraverso un sorriso e in quei sorrisi ha messo poi l'amara verità. Perché si deve sorridere pur nella consapevolezza del male. Se sai sorridere allora puoi rinascere, sai qual è il tuo punto di partenza per scoprire le carte necessarie per far ripartire la tua vita, il tuo paese. Ulderico Pesce ne ha tre di carte: l'asso di bastoni, l'asso di denari e quello più importante, l'asso di monnezza. È la carta in cui Nicola, protagonista insieme alla moglie Marietta e gli altri figli di questa storia di monnezza, racchiude tutta la fortuna nel gioco delle tre carte. La carta sporca che ti fa vincere: e Nicola vince, perché "come ammucchia lui la monnezza, non l'ammucchia nessuno", perché in un paese nel quale non esiste una legge che riconosca i reati contro l'ambiente, a vincere sarà sempre l'asso di monnezza. Nicola prende i rifiuti dagli industriali del nord, li smaltisce illegalmente al sud sfruttando qualche agricoltore in crisi, ha un giro milionario, sogna Malagrotta. Uno spettacolo che si colloca a metà strada tra una narrazione e una cronaca, l'espediente narrativo si mette al servizio della nuda realtà emergente dalle viscere della terra inquinata: sono dati, sentenze, nomi di politici, di capi, di aziende. Sono dinamiche sconosciute o quasi, sono traffici che non t'aspetti, o almeno non di quelle proporzioni. Ulderico Pesce racconta, a volte scende in platea e spilla soldi col gioco delle tre carte (restituiti ai legittimi proprietari a fine spettacolo), si commuove e piange: è il racconto di una mamma gruccione, la quale cerca in tutti i modi di salvare il suo primo piccolo dall'incendio appiccato in un campo per bruciare rifiuti tossici. Una lacrima che è scivolata via, carica di trasporto, che nemmeno il fuoco ha potuto asciugare. Sperando che continui a brillare, arrivando ancora a tante persone.

Recensione di Alessandro Giova

visto il 26 ottobre 2011

Le petizioni di Ulderico Pesce

ASSO DI MONNEZZA (fino al 30 ottobre)
di e con Ulderico Pesce
coprodotto da Legambiente e dal Teatro dei Filodrammatici di Milano
durata: 80 min

TEATRO AMBRA ALLA GARBATELLA
Piazza Giovanni da Triora 15 - Roma
06-8117390
Biglietti: 17€ (13.50€ se prenoti con Atrapalo)

***

Completano la trilogia di Ulderico Pesce in scena al Teatro Ambra alla Garbatella:

FIATo SUL COLLO (1 novembre - 6 novembre 2011)
di e con Ulderico Pesce

racconta la vita di Antonio e Angela. Lavorano nello stabilimento lucano della Fiat-Sata di Melfi. Vivono ad Acerenza (PZ) e quando nel 1994 la Fiat seleziona gli operai da assumere attraverso contratti di formazione lavoro, parte il loro “sogno americano”: entrare in Fiat ed avere lo stipendio fisso. (più info)

A COME.... AMIANTO (8 novembre -13 novembre 2011)
di e con Ulderico Pesce

A come… Amianto è la storia d’amore tra Nico e Maria (più info)

***




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domenica 23 ottobre 2011

Calvino e le sue lezioni, leggerezza tra musica e teatro.



"La letteratura è la terra promessa del linguaggio"
Citazione e frase ricorrente nella messa in scena

***

Una scrivania, delle pile di libri che si mescolano come città invisibili, un Calvino intento a scrivere le lezioni americane, la lettrice di "Se una notte d'inverno un viaggiatore", una fisarmonica e gli estratti delle opere in musica. Questi sono gli ingredienti di Appunti per il prossimo millennio, omaggio cantato e recitato a Italo Calvino, per la drammaturgia e regia di Ferdinando Ceriani. Un viaggio leggero, spensierato, gustoso come il latte lunare, a ritroso tra le sue opere, i suoi appunti, i suoi scritti. Un omaggio che non è il solito, osannato reading, ma un gioco di equilibri in musica, senza la pretesa d'essere esaustivo, che assapora lievemente alcuni estratti ben scelti per la messa in scena. Partendo dalle lezioni americane, arrivando fino ai romanzi e agli scritti autobiografici, con particolare attenzione alle riflessioni sulla letteratura ed il linguaggio, Calvino, interpretato da Antonio Pizzicato, viaggia assieme alla lettrice Carla Ferrero sulle note della sua opera messa in musica dalla fisarmonica di Gianluca Casadei. Un gioco di danze, piacevole all'udito e alla vista, due funamboli in equilibrio sul filo d'inchiostro. Ironico, fantasioso, in tutto e per tutto fedele alla lezione di leggerezza dettata dallo stesso Calvino, lo spettacolo lascia nel cuore e nella testa un piacevole motivetto, in special modo quello conclusivo che riprende il celebre elenco degli scrittori più amati da Calvino e che i due attori hanno gradevolmente offerto al pubblico due volte. Un buon modo per ricordare il celebre autore ed il suo testamento di creatività, gradito ai suoi ancora affezionati lettori e che probabilmente avrebbe ottenuto la stessa approvazione di Calvino.

recensione di Alessandro Giova
visto il 21 ottobre 2011

Teatro Arcobaleno
Roma, via F.Redi 1/a - 06.44248154
20 - 30 ottobre 2011
biglietti: 18€, 15€ (Metrebus, Bibliocard, Carta per due, Cral, Over 65), 12€ (Studenti)

Appunti per il prossimo millennio
Omaggio cantato e recitato a Italo Calvino
drammaturgia e regia di Ferdinando Ceriani
con Carla Ferraro e Antonio Pizzicato
fisarmonica Gianluca Casadei

durata: 1 ora, atto unico.
Voto: 7/8



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sabato 22 ottobre 2011

Ben Hur Live, e quell'incredibile sconto dell'86%




Chissà quanti avranno visto l'imponente locandina di Ben Hur Live, quanti avranno pensato di andare emozionandosi davanti alla spettacolarità delle immagini, quanti ancora hanno rinunciato per l'esosa somma da sborsare (biglietti fino a 122€). Il sogno più antico dell'uomo è quello di viaggiare nel tempo, guardando da vicino imperatori, dinosauri, incontrando poeti e filosofi, o visitando un tempo che ancora non c'è. Sogni impossibili, invivibili, per questo, anche, l'uomo ha sviluppato le arti: per dare forma a se stesso, per evocare il passato, per inventare e immaginare un futuro. Ben Hur Live fa fare un affascinante viaggio nel tempo, indietro di duemila anni tra battaglie navali, corse delle bighe, combattimenti tra gladiatori. Un colossal incredibile, come testimonia il video, un appuntamento immancabile, il quale però non tutti possono permettersi. C'è la crisi, le cinghie sono strette, sono i tempi in cui le prime attività ad essere sacrificate sono le attività ricreative. È caccia allo sconto un po' ovunque, ma uno sconto così non si era mai visto: un biglietto per Ben Hur Live con l'86% di sconto (15€ anziché 103.70€ su Atrapalo). Una ghiotta, ghiottissima occasione da non perdere, uno sconto spettacolare per un evento ad alta spettacolarità. E, a giudicare dai commenti degli utenti, anche un buon posto nell'Arena.

BEN HUR LIVE
musica di Stewart Copeland. Coreografia di Liam Steel. Testi si Shaun McKenna. Regia di Philip Wm. McKinley. Voce Narrante di Luca Ward (Il Gladiatore). Nuova Fiera di Roma.
Biglietti scontati a partire da 15€! Tulle le date, le info, i costi.
Buon viaggio nel tempo
(sperando di aver fatto cosa gradita segnalandovi questa offerta)

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venerdì 21 ottobre 2011

10 minuti di fluidità

http://www.enricogenovesi.com/img/sogno-part.jpg
(nell'immagine: Sogno, di Enrico Genovesi)


14.23, da un secondo, il dito schiaccia il suo primo tasto. Vorrei, sentire il vento che mi scaraventa indietro, mentre canto ritto sul tetto di una macchina in corsa sulla Route 66. Il brivido del disequilibro, il deserto, il vento, la voce che lotta col l'aria violenta schiacciata nella bocca. Il volo, lo schianto, mille frammenti, il suono di una chitarra che non demorde. Vorrei, disperdermi come spuma negli oceani di un cielo liquido, navigare o rinchiudermi in uno smeraldo verde, discendere all'inferno, giocare a scacchi una partita di vita o morte. Dieci esistenze, vorrei; una per ogni cosa, per ogni follia, per ogni scelta, per i più grandi sbagli, per i più grandi romanzi, per sperimentare l'assenza di ritorno. Una per potermi suicidare e raccontare alle altre nove cosa sono quei pochi attimi tra noi e lo schianto. Una per poter uccidere ed assaporare il sangue altrui, per invecchiare in una cella umida e riluttante, in compagnia di topi. Dieci respiri, alla ricerca di un senso, dell'imprevedibile, della condanna, dell'ascesa, della felicità, del nero più nero che annega nel bello. Galleggiare, variopinte voluttà, instabilità vaganti e trampoli, alti, fino a dissolute galassie del tempo passato. Incontrare Dio, provando stupore e quasi felicità; rallegrarsi che in fondo ti eri sbagliato. Godersi il momento del divino, arrancare, ridere, follemente, cercando infine qualcosa che sia più grande ancora di Dio. E non c'è mai limite alla sete. Sete, d'eternità, di riempire il proprio involucro vuoto, svuotato, ogni volta, senza posa. Sete...
Le 14.33, ucciso, ancora una volta, dal tempo.
Matteo Di Stefano


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giovedì 20 ottobre 2011

Teatro alla Garbatella, si racconta la monnezza. Dal 25 il monologo di Ulderico Pesce

L'Italia della monnezza, dei traffici illeciti di rifiuti urbani e industriali, le ecomafie, gli affari milionari che vi ruotano intorno. Asso di monnezza, è il monologo teatrale scritto e interpretato da Ulderico Pesce, in cartellone al Teatro Ambra alla Garbatella da martedì 25 ottobre. Uno spettacolo di denuncia, un teatro che rappresenta la realtà senza timori, senza prudenze. Un tipo di teatro che ci piace, perché al piacere aggiunge gli ingredienti della conoscenza. Fotografia d'Italia, non c'è nulla d'inventato in questa pièce: Ulderico Pesce ha raccolto documenti della magistratura, articoli, ha indagato nei bassifondi più scuri della monnezza italica: un bene, quello della monnezza, che può trasformarsi in oro per chi lo maneggia. A farne le spese, i comuni cittadini, spesso vicini di monnezzai abusivi, costretti a vivere e respirare aria tossica. Argomento scottante, un lavoro da cronista - come si definisce lo stesso Pesce -, un imperdibile viaggio con pochi elementi scenici, ma con tanti dati e numeri, intrecciati tra loro nel racconto della storia di Marietta e della sua famiglia. Marietta è nata a Pianura, la sua casa si affaccia su di una discarica abusiva e in questa ha trovato il suo primo giocattolo; discarica che lentamente risucchia le vite dei membri della sua famiglia, stroncati da avvelenamenti chimici. Scarti che diventano affari, uomini che diventano scarti, vite intrecciate al torbido mondo dei rifiuti, destinate a fare i conti con un sacco nero, un rifiuto chimico, uno scarto industriale. Una parabola, che continua anche dopo il matrimonio con Nicola: dal sogno della differenziata, alla rivalità familiare col marito ed il figlio Cristian, malavitosi che ricavano quattrini dal traffico illecito. Due vite, due mondi, due modi di concepire la stessa identica mondezza. Immancabile.

ASSO DI MONNEZZA
di e con Ulderico Pesce
Coprodotto da Legambiente e dal Teatro dei Filodrammatici di Milano

Teatro Ambra alla Garbatella
dal 25 al 30 ottobre 2011
Roma, Piazza Giovanni da Triora 15

prezzo intero: 17€ 13.50€ se prenoti con Atrapalo (21% di sconto)


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mercoledì 19 ottobre 2011

Potessi almeno costringere - E. Montale

http://www.maurocolombo.com/i-dipinti-dell-artista-mauro-colombo/dipinto-mauro-colombo-la-maschera-g.png
(nell'immagine: un dipinto di Mauro Colombo)

***

Potessi almeno costringere
in questo mio ritmo stento
qualche poco del tuo vaneggiamento;
dato mi fosse accordare
alle tue voci il mio balbo parlare: —
io che sognava rapirti
le salmastre parole
in cui natura ed arte si confondono,
per gridar meglio la mia malinconia
di fanciullo invecchiato che non doveva pensare.
Ed invece non ho che le lettere fruste
dei dizionari, e l’oscura
voce che amore detta s’affioca,
si fa lamentosa letteratura.
Non ho che queste parole
che come donne pubblicate
s’offrono a chi le richiede;
non ho che queste frasi stancate
che potranno rubarmi anche domani
gli studenti canaglie in versi veri.
Ed il tuo rombo cresce, e si dilata
azzurra l’ombra nuova.
M’abbandonano a prova i miei pensieri.
Sensi non ho; né senso. Non ho limite.

Eugenio Montale
Ossi di Seppia


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giovedì 13 ottobre 2011

Corno Inglese - Eugenio Montale

Inserisci linkhttp://www.maurocolombo.com/i-dipinti-dell-artista-mauro-colombo/dipinto-mauro-colombo-lacerata.jpg
(nell'immagine: un dipinto di Mauro Colombo)

Il vento; lui sì che sa dove andare, non ha dubbi; conosce la sua forza, ha coraggio e soffia con energia. E' sempre sicuro di sé, sa che può essere melodia dolce o inarrestabile frastuono. Sa, che gli alberi son suoi amici per innalzare canti, che infilandosi in un tubo produce un suono come di flauto, o che può sibilare solo nell'aria in un lieve sussurro. Può anche dipingere, scolpire, modellare; può far fare viaggi infiniti. Il vento è tutto ciò che vuole, non ha insicurezze, conosce i suoi sentieri. A volte, noi, si vorrebbe essere come il vento: sicuri, decisi, armonia di suono e pittori di cieli; ma siamo così poveri e desolati, che non possiamo che sentirci di troppo.

***

Il vento che stasera suona attento
-ricorda un forte scotere di lame-
gli strumenti dei fitti alberi e spazza
l' orizzonte di rame
dove strisce di luce si protendono
come aquiloni al cielo che rimbomba
(Nuvole in viaggio, chiari
reami di lassù! D' alti Eldoradi
malchiuse porte!)
e il mare che scaglia a scaglia,
livido, muta colore
lancia a terra una tromba
di schiume intorte;
il vento che nasce e muore
nell'ora che lenta s'annera
suonasse te pure stasera
scordato strumento,
cuore.

Eugenio Montale
da Ossi di Seppia


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lunedì 10 ottobre 2011

A Piermaria, ricongiuntosi alla terra nella foresta boliviana

http://files.splinder.com/75e00d86b9cd4a986bf183cd21554c1c.jpeg
(nell'immagine: un dipinto di Augusto Daolio)



Sulla riva ove nascesti,
culla d'occhi tuoi ridenti
torni, da viaggi primordiali
fragile e interrotta scintilla.
Ancora io ho in mente viva
fanciullesca una rappresaglia
di pirati, briganti e tu: preda!
Innocente legato ad un fusto!
Che orge, che urla e strepiti
da quel tuo vociare prigioniero:
ti slegammo per la torta.
Otto, nove anni, non ricordo...

Chissà se nacque allora
quell'amor pe' l'alte cime
e l'infinito se, oltr'aghi e pigne
vedesti tu una verità brillare
che a te già voleva come figlio.

Aleggi ora Spirito nei boschi
raggio dischiuso d'eternità
penetri fra fitti rami e vivi
nelle viscere e inondi.. noi,
giovani briganti sospesi,
la torta in mano, per te
fanciullo...
Matteo Di Stefano

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venerdì 30 settembre 2011

Domenica 2 ottobre, Rezza al Valle con Pitecus

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PITECUS

di Flavia Mastrella e Antonio Rezza
Domenica 2 ottobre, Teatro Valle Occupato, ore 19.00

Flavia Mastrella e Antonio Rezza partecipano alla serata del 2 ottobre al teatro Valle per sottolineare come lo Stato dovrebbe limitarsi a riconoscere il diritto di spazio e di espressione all’arte antagonista e indipendente del presente e del futuro

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108 giorni sono passati da quando un gruppo di lavoratori dello spettacolo ha occupato il Teatro Valle di Roma. Teatro in bilico, il quale rischiava di fermarsi dopo secoli di storia o passare ad una gestione non autonoma, ritrova nuova vita rappresentando senz'altro la novità più stimolante e produttiva della nuova stagione. Non c'è una vera e propria programmazione, ma un'efficientissima macchina organizzativa che si muove quasi all'impronta e, soprattutto, senza fondi, eccezion fatta i liberi contributi degli spettatori. Ogni giorno diversi artisti si esibiscono sullo storico palcoscenico, ogni giorno tanti "precari" e non dell'arte offrono la propria opera gratuitamente. Non parliamo soltanto di teatro, ma di un grande calderone di arti, un'amalgama di espressività sopite sotto il peso di questi anni di teledipendenza. Cento e oltre giorni di programmazione inattesa; e mentre altri teatri fanno uscire le programmazioni per l'anno che verrà, mentre volti noti sorridono dalla pagine di Trovaroma o di grossi cartelloni nelle metropolitane, il Valle Occupato (due parole che ormai sembrano non poter vivere separatamente) prosegue la sua vita ed evoluzione. Nessun cartellone ufficiale, eppure non una serata priva di emozioni. Si godono gratuitamente i frutti preziosi dell'arte sì, ma si discute e ci si confronta anche: si parla del futuro del teatro e dell'arte in Italia, si parla del futuro degli artisti, dei loro diritti, degli spazi, di finanziamenti, ingiustizie e storie incredibili, come quella di Ivano Di Matteo, regista di "La bella gente", film italiano apprezzato in Francia ma mai uscito in Italia, proiettato per la sua prima nazionale - con tanto d'intervento dei carabinieri - proprio al Teatro Valle (Leggi l'articolo). Il Valle Occupato vive, va avanti, getta le basi di quella che potrebbe essere una vera rinascita culturale. I grandi movimenti nascono sempre così: dal buio, da una morte vicina, da poche persone che hanno cuore e coraggio per fare una scommessa. E ci vuole davvero una gran forza di questi tempi. Questi ragazzi stanno dando una lezione ad un paese intero: dimostrano che le cose si possono fare e bene, forse persino meglio, senza avere le spalle coperte.

Domenica toccherà ad Antonio Rezza con PITECUS. L'evento, previsto per le 19.00, è ad ingresso libero - fate almeno una libera offerta - fino ad esaurimento posti. La serata si aprirà con le proiezioni di cortometraggi realizzati da Rezza e Mastrella negli anni ’90 e da
Troppolitani interviste a corpo libero realizzate da Rezza – Mastrella per Rai 3 nel 2000.

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giovedì 29 settembre 2011

Darsi presto per spacciati

(nell'immagine: Uomo allo specchio di René Magritte)

Già so d'esser vinto
già d'esser vincente,
già so d'esser tale
tal'altro, morte e vita.
Ah, fiato, corde e mani!
Vento, pioggia e foglie,
nevica da cima a cuore;
più dita che minuti,
più anni che sogni.

Matteo Di Stefano

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mercoledì 7 settembre 2011

Ricorre

(nell'immagine: due gomitoli)


Da me avrai sempre almeno

dei fiori, e un pezzo di cuore

abbondante; e l'anima, tutta.

Più di me non posseggo
costa cara oggi la luna
più d'umiltà e amore non ho.

Ti basta questo misero me
con tanto d'occhi e rughettepel nostro giorno dei giorni?

T'accontenti delle parole ancora
mai stanche d'elargir carezze sul ruvido di carta rinnovata?
Dalle mie luterane clausure
ancora so distillar profumi,

i soli odori che contano,

vuoi tu posar nel cuore

una goccia dell'umile essenza

dell'oggi per inebriarti domani?

Matteo Di Stefano


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lunedì 5 settembre 2011

Villa d'Este: Valentina Lisitsa in concerto domenica 11 settembre


Pensare che lei voleva diventare una giocatrice di scacchi professionista. E' proprio quando pensi a tutt'altro che ti ritrovi ad essere un prodigio. Pianista ucraina nata nel 1973 a Kiev, Valentina Lisitsa toccò molto presto i tasti del pianoforte. Iniziò a suonare il pianoforte a 3 anni, e a 4 già eseguiva il suo primo recital da solista. Oggi è una pianista di fama internazionale, vive negli Stati Uniti e gira il mondo portando la sua grazia divina nelle sale da concerto più importanti del mondo. L'ho scoperta tempo fa su Youtube, le sue interpretazioni hanno qualcosa di magico. Non vanno soltanto ascoltate, vanno anche osservate; quelle mani scivolano sui tasti tanto leggere da dare l'impressione che siano i tasti a ritrarsi al minimo soffio di dita e non queste a premerli. Una leggiadria, un'onda divina che sa arrivare dritta al sentimento anche di chi - come il sottoscritto - il pianoforte lo ha assaggiato in tenera età, ma non può certo dire di essere un vero intenditore. Eppure, quando al pianoforte siede Valentina Lisitsa l'atmosfera cambia, la musica prende il comando delle sensazioni e diventi una marionetta nelle sue mani. Sei tu quel tasto ondeggiante, quella corda vibrante, quell'aria che propaga il suono. Ho ascoltato quasi tutta la dotazione video di youtube e tanto ho sperato che arrivasse anche in Italia. Poi, una sera qualunque, mentre fai altro, ti accorgi che lei ti sta sfilando sotto il naso: domenica 11 settembre 2011 Valentina suonerà nella suggestiva atmosfera di Villa d'Este a Tivoli. Un'occasione tanto ghiotta quanto economica: il concerto infatti è gratuito, si entra fino ad esaurimento posti. Una serata speciale per chiudere l'estate e spalancare le porte del languido autunno. Un modo per vedere ed ascoltare da vicino quel tormentoso vortice di note udito soltanto in video. Un modo, anche, per chi non la conosce, di farne la conoscenza dal vivo. Ne vale la pena.

Maggiori informazioni:
http://www.jeuxdart.it/pagine/programma_lisitsa.htm
http://www.valentinalisitsa.com/
Il canale Youtube di Valentina Lisitsa

Scelto per voi:
http://www.youtube.com/watch?v=tVuP1BjbhAg

Un ulteriore approfondimento
http://robertoladisa.blogspot.com/2007/10/valentina-lisitsa.html


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sabato 3 settembre 2011

Brividi Invernali - Ernesto Ragazzoni


Ovverossia:
mettete
i piedi
in bocca...









Quando il verno sugli uomini dirocca
le sue valanghe, e tira vento e fiocca
e l’ombre calan giù l’orbe a conquidere,
io, se troppo serrato il gel mi tocca,
mi scaravento i piedi nella bocca.
Vi mettete a ridere?

Ma la cosa non è per nulla sciocca,
Anzi, se la stagion aspra v’accocca
la miseria de’ suoi brividi, dubito
che nulla valga meglio a chi l’imbrocca
che sprofondarsi i piedi nella bocca
per scaldarli d’un subito.
Vi mettete a ridere?

Ve’, la tormenta tappa in casa e blocca.
E fuori l’acqua gela nella brocca,
e trema il pesce, l’albero, il mammifero.
Candido, il piano par cristal di rocca.
Ed io m’allungo i piedi nella bocca...
Oh, del calorifero!

Ernesto Ragazzoni
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domenica 14 agosto 2011

Ballata (Buchi nella Sabbia) - Ernesto Ragazzoni

(nell'immagine: un dipinto di Vladimir Kush)


Se ne vedono nel mondo
che son osti... cavadenti
boja, eccetera... (o, secondo
le fortune grand'Orienti).
C'è chi taglia e cuce brache,
chi leoni addestra in gabbia,
chi va in cerca di lumache...

Io... fo buchi nella sabbia.

I poeti anime elette,
riman laudi e piagnistei
per l'amore di Giuliette
di cui mai sono i Romei!
I fedeli questurini
metton argini alla rabbia
dei colpevoli assassini...

Io... fo buchi nella sabbia.

Sento intorno sussurrarmi
che ci sono altri mestieri...
Bravi... A voi! Scolpite marmi,
combattete il beri-beri,
allevate ostriche a Chioggia,
filugelli in Cadenabbia,
fabbricate parapioggia

Io... fo buchi nella sabbia.

O cogliate la cicoria
e gli allori. A voi! Dio v'abbia
tutti quanti, in pace, e gloria!

Io... fo buchi nella sabbia.

- Ernesto Ragazzoni -



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venerdì 12 agosto 2011

I Virili


(nell'immagine: The Donkey di Gustave Courbert)


Che si levino i cannoni
fremon palle ai gladiatori
tesi e ritti gran caproni
feriti al corno degli onori.

Tiran calci ai menestrelli,
fan voce grossa alle donzelle,
eppur spauran per gli augelli
bruti inteneriti come agnelle.

Mi tiran dentro pel gran ballo
"Avanti, parla, che vuoi fare?"
gracchian impettiti più d'un gallo
"Grazie, prego, ci ho da fare!"

Coccodè! L'uovo è fatto!
L'insolente è sistemato
fuggito dicon come un ratto,
l'offeso onor rifocillato!

Ostinati ancor da mille fuochi
non placan più la lor cianfrogna
"Oh via bei ciuchi, non son che giuochi",
ma ottusi quelli invocan gogna!

Matteo Di Stefano
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giovedì 28 luglio 2011

La finestra infranta - Pessoa

Inserisci link(nell'immagine un dipinto di Mariusz Lewandowski)

poesia tratta dalla raccolta Il Violinista Pazzo di Fernando Pessoa; traduzione di Amina Di Munno.
***

Il mio cuore è silenzioso come uno sguardo.
C'è una casa al di là delle colline.
Il mio cuore è silenzioso come uno sguardo.
La mia casa è lì, dietro le colline.

Sopporto il mio cuore come una vecchia maledizione.
Non c'è ragione per il mio rimpianto.
Sopporto il mio cuore come una vecchia maledizione.
Perché mai argomentare o rimpiangere?

Il mio cuore vive in me come un fantasma.
Al di là delle colline giace morta la mia speranza.
Il mio cuore vive presso di me come un fantasma.
Al di là della mia speranza giacciono morte le colline.

Mi hanno strappato il cuore come la gramigna.
Non era vero che avrei dovuto vivere.
Mi hanno strappato il cuore come la gramigna.
Non potevo pensare che vivere fosse vero.

Ora ci sono grandi macchie nel mio cuore.
Ci sono macchie simili al sangue sul pavimento.
Ora ci sono grandi macchie nel mio cuore.
E il mio cuore giace sul pavimento.

La stanza ora è chiusa per sempre.
Il mio cuore ora è sepolto vivo.
Il mio cuore ora è chiuso per sempre.
Tutta la stanza è sepolta viva.


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mercoledì 27 luglio 2011

Scatola per topi


(nell'immagine un dipinto di Nikolai Yaroshenko)



Non un triangolo di cielo
un rosso palazzo sbiadito
sole che arrostisce intonaci
una serranda sempre chiusa
un vibrare di motori accesi,
tanto vedo e sento
dalla scatola per topi.


Matteo Di Stefano
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giovedì 23 giugno 2011

100 post (più uno): io e Pessoa.

(nell'immagine: un quadro di Vladimir Kush)


Siamo affascinati dalle ricorrenze, stregati dai numeri, come se racchiudessero qualcosa di magico, qualcosa che possa raccontare più di quanto già non sappiamo. O forse sarà che un numero, un aggregato, una ricorrenza è un qualcosa che ci fa tornare alla mente il tempo, il tempo passato a levigare i nostri talloni, quello su cui ancora cavalchiamo. E' un insopprimibile bisogno quello di contare, dal momento in cui ci hanno insegnato ad oltrepassare il muro delle cinque dita. E' essenziale? Ammesso che non siamo proprio noi a dover scovare l'equazione del mondo, penso proprio di no. Eppure, quei numeri ci chiamano, ogni volta, perché ci hanno insegnato a contare: maledetti. Sono cento. Con l'ultimo post sul Teatro Valle Occupato, Riflessi ha partorito il suo centesimo post, nuova, ennesima ricorrenza: c'è stato il compleanno a Marzo, i 5000 visitatori ed ora i cento post. Come se tutto questo abbia davvero importanza per qualcuno, se non per colui che decide di condividere una parte latente del suo mondo. Un po' come si fa coi messaggi nella bottiglia, lì si lascia andare sperando che qualcuno li trovi.
E' nato senza pretese, con umile sfondo nero, senza troppi espedienti grafici. Un muro sul quale scrivere, un mare sul quale navigare in stanche ore notturne. 56 poesie, 26 articoli sul teatro di cui 7 recensioni. Un luogo che si è andato via via formando da quel primo timido approccio di benvenuto. Che poi, nessuno lo leggerà mai o se lo leggerà non avrà poi tanto senso dire "Ciao, sono nuovo!". In fondo, anche i messaggi in bottiglia sono così: sai quando li scrivi ma non sai quando arrivano. Se arrivano. Arrivo, arriviamo? Noi? Noi chi? Noi, io e Riflessi o noi altri? Noi, tutti quelli che si sentono in questo Noi. In fondo Poesia è anche condivisione di un percorso, momentaneo, un passo comune un istante. Poi, per quel che riguarda me, i miei versi non mi importa quanto siano poesia, ma buttarli giù mi fa sentire come liberato. Dove si va, mio caro Riflessi, mia cara... poesia? Da qualche parte. E che dire di quei 56 visitatori dalla Slovenia? Dove andate, cosa cercate? Andate e basta. Pensavo di scrivere degli obiettivi, che in termini di blog si misurano soprattutto con le visite ma... ma no, in fondo nasce così, come un messaggio nella bottiglia, non ha pretese di arrivare, solo di andare. E andiamo....

Per la "ricorrenza" pubblico due poesie, una mia ed una di Pessoa. Insieme perché ho scoperto che per un attimo abbiamo condiviso lo stesso sentiero, per un caso fortuito coincidente in un "Dove?". E sempre di andare si parla, di un qualcosa di mutevole che c'è nell'aria (che è sinonimo di anima), del più naturale processo umano che è quello del divenire. Ma nessuno sa dove, nessuno vuole saperlo: si va, e basta.

Buon Postiversario Riflessi.

SETTEMBRE

Ho perso il sonno
o mai l'ho avuto,
grugnisco, torno, spero
sul tratto esile...

Settembre, come mai
il tempo mio scade,
dei malandati anni
sulla tomba piango
- poi, rido, da un anno.

Tutto insieme, Settembre,
le rese, e i rinnovi, e
vuole essere
non meno del tutto.

- Non sostiamo, andiamo.
Dove? Basta andare.
Matteo Di Stefano

***

SOGNI ARDENTI DI QUALCOS'ALTRO!

Sogni ardenti di qualco'altro!
Frenesia di andare via,
(Oh, onda che in me si ingrossa!)
via dalla vita, dove la vita deve rimanere -
vita sempre fino a oggi!

Altre cose e altri luoghi!
Non una vita! Non la mia almeno!
Oh, essere il vento, un'ala,
un veliero che mi portino lì!

Dove? Se lo sapessi,
non ci vorrei andare.

tratta dalla raccolta






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lunedì 20 giugno 2011

E' dal contagio che può partire una rivolta culturale: Teatro Valle Occupato


Ci piace quello che sta accadendo a Roma. Dal 14 giugno alcuni lavoratori e lavoratrici dello spettacolo hanno occupato lo storico Teatro Valle, teatro in cui debuttarono i "Sei personaggi in cerca d'autore" di Pirandello e che scatenò l'ira del pubblico al grido di "manicomio, manicomio". Il Teatro Valle fu fatto costruire per uso privato del nobile Camillo Capranica (buonanima, avercene di nobili così) ed è il più antico teatro della capitale. La sua inaugurazione avvenne il 7 gennaio 1727 con la rappresentazione della tragedia Matilde di Simone Falconio Pratoli. Dal 1955 la sua gestione è stata affidata all'ETI, ente teatrale Italiano ed organo di riferimento per il teatro italiano, tragicamente scomparso a causa dei tagli nell'ultima finanziaria. Ora il Valle, che ha concluso la stagione il 19 maggio, è un teatro in cerca di autori, di stagioni, di vita: è al momento un sipario che rischia di rimanere chiuso. Un'azione necessaria, non soltanto perché parliamo del teatro più antico di Roma, ma perché tutta la cultura negli ultimi anni è stata messa da parte, soppiantata da "Tamarreidi", tv spazzatura, reality show. Dimenticata da un ministro dei beni culturali inesistente, che tuttavia non manca di dire quanto egli ami il teatro: un vero teatrante delle fanfare. Il teatro deve rialzarsi, deve riacquistare quell'importanza che ha per la vita culturale di un paese. Per questo l'azione volontaria dei lavoratori dello spettacolo non può che farci piacere. Il Teatro Valle diventerà forse un simbolo della rivolta silenziosa che filtra tra le maglie della società. Un piccolo tubo rotto nelle condutture di uno Stato anticulturale dalle quali filtrano tante goccioline benefiche e che vanno ad inondare i campi aridi. C'è l'auspicio che questa sia una piccola goccia pronta ad essere seguita da altre centinaia, migliaia di gocce fino all'ultima che fa traboccare il vaso. E proprio oggi, sulla pagina ufficiale del Teatro Valle Occupato si legge: "E' dal contagio che può partire una rivolta culturale". Sì, speriamo che sia così, speriamo in questo contagio; per una volta vogliamo evitare di vaccinarci e prenderci questa meravigliosa influenza chiamata teatro. Qualcosa si muove in questo magma; qualcosa che già avevamo percepito con il referendum. La società civile si muove; e quando qualcosa inizia a muoversi nel mondo della cultura davvero tira un vento buono, che ti fa venire voglia di correre in strada, urlando, cantando, di fare tardi a discutere di ciò che sarà, del futuro. Del futuro, non delle elezioni, perché ultimamente non c'è stato futuro se non chiuso in noi stessi. Il contagio, sì, è questo che vogliamo: cantagiateci. E' bello, è bello vedere tanta partecipazione. In pochi giorni sono passati sul palco del Valle oltre 100 artisti (tra i quali Germano, Camilleri, Franca Valeri per citarne alcuni), si sono contati circa 5000 mila spettatori e si sono svolte assemblee. Un momento vitale, un sussulto di un antico teatro costruito dal nobile Camillo Capranica per se stesso, un sussulto per tutto il teatro, la cultura, per un intero paese: sì, forza, Teatro Valle!

Pagina ufficiale su Facebook: Teatro Valle Occupato



COMUNICATO STAMPA LETTO AL MOMENTO DELL'OCCUPAZIONE:

"Siamo lavoratrici e lavoratori dello spettacolo, cinema/teatro/danza, artisti/tecnici/operatori, stabili, precari e intermittenti che da mesi portano avanti una lotta contro i tagli e per i nostri diritti in modo diretto ed autorganizzato.

In questi anni, di fronte all'arroganza delle politiche governative, le reazioni della categoria, dei sindacati e delle associazioni di settore sono state deboli e inefficaci.
"Com'è triste la prudenza" recita Rafael Spregelburd. Triste e in molti casi complice: le istituzioni che fanno prevalere logiche di profitto, scambi di poltrone, ingerenze partitiche e clientelari hanno ormai perso ogni legittimità come interlocutori.

Noi non vogliamo più essere complici. È con questo spirito che ci siamo mossi e che oggi occupiamo il Valle lanciando un appello a tutto il mondo della cultura e ai cittadini per sostenere questa battaglia: occupiamo il Valle per occuparci di ciò che è nostro.

Nel silenzio e nell’indifferenza questo storico Teatro rischia di chiudere. L'assessore alla cultura del Comune di Roma ha dichiarato che si impegnerà per la tutela del Valle e della sua identità. Queste rassicurazioni non bastano. Chiediamo trasparenza e chiarezza. Chiediamo che gli artisti e i professionisti del settore vengano coinvolti a livello progettuale e decisionale sul destino di uno dei Teatri più importanti d’Italia attraverso la creazione di una commissione competente.

Il Teatro Valle non è solo uno spazio prezioso da salvare ma un simbolo dello stato dell'arte in Italia. L’ultima finanziaria ha soppresso l’Ente Teatrale Italiano, mettendo a rischio le funzioni cui era preposto: promuovere e diffondere il teatro contemporaneo, sostenere la nuova drammaturgia e le nuove generazioni, incrementare scambi internazionali e la formazione.
Non siamo qui per difendere l'esistente, sia esso l'ETI o il sistema di finanziamento pubblico attuale, ma non rinunciamo al principio che il libero accesso alla cultura, ai saperi e alla creatività in tutte le sue forme, la libera circolazione di idee e individui, il potenziamento del pensiero critico siano un diritto imprescindibile di ogni cittadino e non un privilegio.
La demolizione sistematica delle risorse e dei beni pubblici è il cuore della politica culturale di un governo che azzera le buone pratiche esistenti, attacca gli spazi e le produzioni indipendenti, non svolge il proprio ruolo di tutela del patrimonio artistico, dismette e privatizza teatri, musei e luoghi di importanza storica. Una politica che ignora la questione dei diritti e del reddito per i lavoratori precari/intermittenti e mortifica competenze e talenti della nostra generazione.

Nell’anno zero della cultura siamo qui per denunciare lo stato di emergenza del nostro paese e la precarizzazione delle nostre condizioni di lavoro e di vita. È tempo che noi artisti, operatori e professionisti del settore ci assumiamo la responsabilità di decidere delle nostre vite, del nostro lavoro e dei nostri spazi. Dal basso e in prima persona. Per riprenderci ciò che è nostro, attraverso azioni e pratiche condivise.

Invitiamo il mondo della cultura e dello spettacolo e tutta la cittadinanza a prendere posizione e a confrontarsi con noi su una visione più ampia, oltre la difesa del proprio e dell'esistente e a farlo dentro il Teatro Valle occupato e in assemblea permanente. A difendere la possibilità di FARE cultura, e farlo al grado più alto delle nostre potenzialità."


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