domenica 26 settembre 2010

La città dei pigri

Potrebbe esserci un vago sentore calviniano in quello che sto per proporvi. In realtà, sembra quasi una città mancante delle Città Invisibili di Calvino. Prima di gridare al plagio però, si rifletta un poco: è possibile che un uomo scriva un racconto che ricordi quello di qualcuno. Certo, in questo caso, avendo letto le città invisibili, potrei finire presto nello scandalo. Tentativi di plagio non ce ne sono.
La città dei pigri ha un suo percorso. Nasce da riflessione su di una osservazione sulla pigrizia: nelle nostre giornate, caratterizzate da corse frenetiche spesso ignoriamo le piccole azioni. O meglio, arriviamo alla conclusione che quella piccola azione è per noi un peso infinito. La rimandiamo, e questo la aggiunge alle cose da fare nel giorno successivo. C'è il rischio, adottando questo metodo, che si accumulino cose da fare, trasformando quella piccola azione in un'ora di lavoro. Perché rimandiamo? Per fatica o per pigrizia? Essendo l'azione piccola, non possiamo definirla faticosa. Pertanto, la conclusione è: pigrizia!
Allora, mi sono immaginato un pigro ideale, moderno, completamente integrato ad una realtà, quella odierna, dove la macchina sostituisce l'uomo dal lavoro alla fantasia. Ci imprigriamo di fronte a tanta comodità, tanto da perdere la volontà di fare piccole cose (cose enormi!). Poi ho immaginato un pigro in mezzo a tanti altri pigri. Ne è venuta fuori una città di pigri, con le sue regole, le sue convenzioni o abitudini, e quell'infinità di pigrizie irrinunciabili.



La città dei pigri


Ho visitato molte città, ma nessuna finora mi ha sorpreso quanto la città dei pigri: i suoi abitanti sbadigliano tutto il tempo. Non hanno voglia di far niente, né lavorare, né svolgere le funzioni più elementari. Stanno stravaccati sul divano nel tempo libero, con il telecomando sulla pancia e, senza pulpiti o smorfie o sussulti, ammirano il paesaggio luminoso sgorgante dallo schermo. Non si alzano mai: hanno accanto una bottiglia d’acqua, qualche sacchettino di frutta essiccata e i fumatori un pacchetto di sigarette. L’accendino, solitamente poggiato sulla pancia, scivola spesso lungo il fianco; questo crea non pochi turbamenti al pigro, in quanto nell’intento di cercarlo è sottoposto a grandi sforzi. Due sono le possibilità: il pigro sente l’accendino premere sul fianco della schiena e - non facile operazione - si contorce cercando di recuperarlo senza alzarsi; prima col sinistro, poi con il destro in una posa da contorsionista. Il tutto accompagnato da sbuffi e rantoli di fatica. La seconda possibilità, consiste invece nel non aver idea di dove si trovi l’accendino, spingendo il pigro ad un’istintiva e faticosa alzata. Si guarda frastornato intorno, da una scrollata alla federa, magicamente vede riaffiorare l’oggetto tanto ambito e tra mille parole in successione, delle quali non se ne raccomanda l’uso, crolla di nuovo tra le brame cuscinose. Capita sovente, che nell’intento di cercare un accendino, il pigro incappi in una successione continua di sparizioni di oggetti: sposta il telecomando, cuscini e via dicendo. Nel fare ciò, non s’avvede che questi escono dall’orbita circoscritta dal raggio di un braccio umano: questo accadimento in genere, diviene informazione nota soltanto una volta che il pigro ha riassunto una posizione comoda. Tali inconvenienti possono turbare, e non di poco, l’umore del pigro.

Neanche le normali funzioni biologiche agiscono favorevolmente sulla volontà del pigro. Infatti, gli abitanti della città dei pigri, vanno al bagno soltanto una o due volte al giorno. Per riuscire efficacemente nella riduzione dei transiti, adottano una vera e propria strategia: non vanno mai al bagno per una funzione isolata. In genere, svolgono le due funzioni simultaneamente; ciò fa si, che nel caso si abbia un solo stimolo, si aspetta sopraggiungere anche l’altro. I gruppi più estremisti, attraverso una severa disciplina di autocontrollo, riescono spesso ad andare una volta ogni due giorni. Hanno una grandissima resistenza fisica e si recano ad espellere i propri scarti corporei soltanto quando sono spinti da forti dolori ormai insopportabili.
Per quanto riguarda l’aspetto culinario, i pigri non sono grandi amanti della cucina – o perlomeno, non amano l’aspetto del fare in cucina – pertanto non cucinano quasi mai. Quando preparano da sé la cena, mangiano pagnotte di pane a morsi, frutta che si può mangiare con la buccia, latticini non spalmabili e ortaggi crudi. Mangiano quindi, soltanto quei cibi che non necessitano di sporcare stoviglie, perché nessuno le laverebbe. Certo, si potrebbero usare piatti, posate e bicchieri in plastica, i quali necessiterebbero soltanto di essere gettati, ma ciò è da escludere perché non è consigliabile cucinare con una padella di plastica. Perciò, la maggior parte della popolazione, ordina il proprio cibo telefonicamente e questo gli viene recapitato da fattorini. Un tempo, erano presenti numerose bettole e taverne che svolgevano questo servizio. Poi, il progressivo impoltronire, ha fatto sparire queste attività. Ora il servizio è svolto dalle città vicine; le portate vengono fatte viaggiare in speciali recipienti che finiscono di cuocere le pietanze durante il viaggio. Questo è reso necessario dal grande traffico che c’è nell’ora dei pasti e, per evitare che le pietanze arrivino fredde ai destinatari, i leader del settore della ristorazione hanno messo a punto questi speciali recipienti. Si è scatenata una vera e propria guerra per servire i cittadini della città dei pigri e molte aziende, previo pagamento di una maggiorazione del 15%, offrono anche il servizio di smaltimento degli scarti.

Molte persone svolgono un lavoro da casa: chi intreccia capelli per parrucche, chi svolge attività di commercio elettronico, chi impartisce lezioni private. C'è anche, però, chi non può permettersi un lavoro da casa e quindi è costretto ad uscire. L’orario di lavoro è ridotto a cinque, è prevista una pausa di cinque minuti ogni venticinque, ottenuta dopo aspre lotte sindacali. Dopo due ore e mezza, al lavoratore è concessa una pausa aggiuntiva di 1 ora nella quale può vedere un po’ di televisione. Non avendo voglia nemmeno di vestirsi, gli abitanti di questa città, adottano diverse strategie per ridurre i propri sforzi. Molti non tolgono mai il pigiama, che costituisce una seconda pelle. Proprio per questo, sono stati studiati speciali pigiami che si adattano, sfruttando il calore corporeo, al corpo di chi lo indossa. Ciò consente di mettere i vestiti sopra il pigiama senza ingombro eccessivo. Altri invece, non usano pigiama, ma dormono vestiti in maniera tale che non debbano disperdere le energie nella vestizione. Portano per quattro o cinque giorni lo stesso abito, che viene poi gettato nella immondizia. Un gruppo altamente stravagante invece, si fa confezionare diversi vestiti di numerose taglie, per dar l’impressione che ogni giorno cambino veste; mettono ogni giorno una taglia più grande cosicché non siano costretti ogni giorno a spogliarsi per mettere un abito nuovo.
Le docce sono costituite generalmente da box spruzzanti vapore e sapone. Molti si lavano con tutti gli abiti in dosso, superando l'inconveniente del lavare separatamente gli indumenti.

Un lato positivo della città, è costituito dall’assenza di automobili – a parte quelle dei fattorini duranti i pasti. Infatti, la città è dotata di un complesso sistema di trasporti pubblici, composto da tappeti mobili trasportanti capsule monoposto; in un complicato intreccio il tappeto mobile raggiunge tutte le vie, nonché tutte le abitazioni fino allo zerbino. Quindi, gli abitanti, escono sul proprio zerbino, montando sulla prima capsula vuota disponibile. Il sistema è attivo 24 ore su 24. Nelle capsule è presente un piccolo schermo, il quale è utilizzabile sia come televisore, sia come video-chat per comunicare con i passeggeri delle altre capsule. Ogni palazzo è munito di ascensori esterni. Uno per ogni lato, collocati alle estremità angolari. Tutti gli ingressi dei piani sono esterni e collegati con l’ascensore, in quanto da tempo non si usano più ingressi centrali dove si accalcavano code di gente. Ora, ognuno può andare diretto al suo piano senza dover passare dal centro. A parte qualche vecchio palazzo, non ci sono scalinate; le fotografie delle scalinate sono raccolte in un album ed esposte nel museo telematico della città.
Ci si potrà chiedere, se in questa città di svogliati, la gente abbia voglia di morire. Come in tutte le città del mondo, la morte non è evento desiderato. Il timore più grande per gli abitanti della città, è proprio quello di dover scomodare la propria anima da posizioni agiate. Il terrore che ci sia una vita dopo la morte è molto accentuato tra gli abitanti; pensare di dover intraprendere un viaggio verso nuovi mondi, senza sapere con certezza se vi sia o meno un sistema di tappeti mobili, genera timori che spesso sfociano in scontri sociali tra credenti e non credenti. La religione ufficiale locale predica l’inesistenza di Dio e della vita dopo la morte. L’uomo nasce pigro e pertanto non può esserci un aldilà che concepisca un fare attivo. Ciò porta all’esclusione di Dio, perché se un Dio avesse creato l’uomo, questo sarebbe stato a sua immagine e, essendo la creazione un attività creativa rientrante nell’ambito del fare, questo escluderebbe l’esistenza di organismi pigri. Dato, però, che si ha una concreta testimonianza dell’esistenza di organismi pigri, ciò porta ad escludere l’esistenza di Dio. Gli atei, invece, non credono che Dio non esista: sostengono che questo creò per l’appunto l’uomo a sua immagine e somiglianza. L’uomo è nato da un non fare. Dio è a sua immagine e somiglianza, pertanto pigro: ciò significa che Dio non può aver creato l’uomo perché pigro. Proprio perché un Dio che non voglia creare è un Dio pigro, essendo inoltre l’uomo pigro, automaticamente si arriva alla conclusione che un Dio c’è, ed è pigro, ovverosia ad immagine e somiglianza dell’uomo. Tuttavia sono ancora inspiegabili i perché, un giorno, Dio scese dal suo divano per creare l’uomo. La tesi più accreditata è che si fosse perso l’accendino e, dopo un’estenuante ricerca, sia entrato in una spirale virtuosa del fare, creando così l’uomo, in una manciata di minuti. . Forse queste sono destinate a rimanere teorie, forse, la città dei pigri è destinata a diventare ricordo. Nella città dei pigri infatti, da tempo non nascono più figli. Gli uomini e le donne hanno smesso di fare l’amore. I loro rapporti da decenni sono fatti solo di parole e più nessuno ha contatti fisici con altri individui. Ci si limita a dichiararsi affetti, senza realmente pensare al sentimento che glielo fa dire. L’amore, è ormai uno scambio di cortesie: nessuno ha voglia di impegnare mente e corpo in un rapporto fisico. Oggi il più giovane abitante della città ha 47 anni e questa vede inesorabilmente diminuire il numero di abitanti. Non si vedono mai nemmeno forestieri, perché questi temono di essere contagiati dalla pigrizia che affligge la città. Non si sa quando tutto questo abbia avuto inizio. Si dice sia iniziato tutto da una sciocchezza: un piatto non lavato, un’assenza a scuola o una scelta non fatta. E da lì, piatti che s’accumulavano e menti decadenti. La pigrizia è andata allargandosi, contagiando un’intera generazione, coinvolgendo tutte le attività degli uomini. Si sono inventati macchinari, passatempi da divano, robot, tutto per venire incontro alle lacune lasciate dai pigri che ogni giorno hanno preteso di più. Le loro volontà si sono spente, fino al completo annullamento, fino a rinunciare alla madre di tutte le attività: rimarrà un ultimo uomo, troppo pigro perfino per soffrire di solitudine, prima del fiorire di una nuova era, di polveri e ricordi.



di Matteo Di Stefano

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