mercoledì 30 giugno 2010

Versi distanti un anno

È un mio personale ricorso. Un personale ricordare quel che fu un 30 giungo 2009. Era notte, anzi, mattina. Quasi alba. Un gran muoversi, un gran rincorrersi."non hai sentito rumore?" "sì...lieve...sospirato.."

Un anno appena trascorso da quei versi scritti stancamente in una notte che scorreva fiacca, ancora palpitante per le funeste sensazioni dell'alba. Ah, la Dama ed il suo fascino. Un anno; un anno da quella delirante alba, quel sonno che non arrivava, rovistando negli sperduti anfratti di un ardore che si manifestava all'esterno per la prima volta. Un anno da questi versi, tenuti lontani e riservati a due occhi soltanto. Ancora, ancora allungo la mano per accarezzare dame dormienti. Mi muovo e sospiro, ti cerco nell'aria, creo piccoli vortici. Non ci sei, ma so dove venirti a cercare.

LA DAMA ADDORMENTATA

Ora che i miei occhi sono soli
immersi nel niente da cui distrarsi
velocemente arriva il sonno.

Occhi iniettati di sangue e stanchezza
in veglia ben oltre l'alba contemplando
la meraviglia d'una Dama addormentata.
Silenzioso vegliare
come per paura che il sole del mattino
tramutasse in cenere tal visione celeste.
Amabile Beltà dormiente
se le palpebre d'incanto si fossero schiuse
abbracciando il mattino e trovandomi lì
in estasi pel solo guardarti
avresti letto l'imbarazzo del tuo chiedere
"perché mi guardi?"

Le ore che indenni sorvolavano il tuo volto
pesavano su me dilaniando le viscere
di quest'anima che scopro invecchiata
torturata da desideri e grovigli,
e quell'urlo in me dilaga:
"Stringila a te
come se fosse tua
come stringeresti il collo al tempo
per allentarne lo scorrere.
Stringila a te per poche ore soltanto
prima che il sole la faccia svanire
e correre incontro ai suoi raggi".

Si può uccidere il sonno,
ma anche amarlo.

- Chissà se veramente dormivi
o sentivi il mio avvicinarmi lento
il mio indagare la tua mano
(perfezione a cinque dita)
lo sprofondare la mia faccia
in ricchi riccioli profumati.
Chissà se sentivi il mio prendere fuoco
il rimanermene sospeso nell'alba
ad ascoltare cani ululanti e galli
i miei sospiri, il mio volerti
che non conosco e non so
se sia puro desiderio o delirio inesatto
Lo sfiorare e il ritrarsi
il volere e non osare,
per paura o rispetto
per te
per me
per altri.

Se sapessi!
t'avrei baciato,
sulle labbra chiuse
o anche solo sulla mano.

Matteo Di Stefano
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mercoledì 23 giugno 2010

Teatro di Strada e Workshop di Improvvisazione Urbana



Il teatro non ha mai avuto una vita facile. Forma d'arte amata e odiata al tempo stesso, l'arte teatrale ha avuto i suoi momenti di gloria nella storia. Questi sono coincisi ad esempio col massimo splendore di civiltà come la Grecia Antica o l'impero Romano. Sostenuto spesso da mecenati o dallo stato, il Teatro è destinato a sprofondare insieme al declino dello Stato che lo sostiene. Nonostante le difficoltà che l'arte teatrale incontra, qualche forma teatrale è sempre sopravvissuta anche nei momenti bui della storia dell'uomo. Compagnie di girovaghi che improvvisavano spettacoli nelle strade, giocolieri, acrobati ed altri artisti, hanno vissuto spesso da clandestini, non solo per l'impossibilità di un sostegno economico stabile, ma anche per la ferma opposizione alle rappresentazioni che veniva dalle autorità. Mi viene in mente l'avvento del cristianesimo: l'istuzione Chiesa si è scagliata spesso contro l'attività teatrale, gli attori non erano ben visti e il solo esercizio della professione d'attore costava la scomunica. Nonostante le difficoltà il Teatro ha oltrepassato i tempi, è arrivato fino ai giorni nostri. Giorni che sono duri per il Teatro. Probabilmente ci troviamo di fronte al declino della società industriale e le arti sono le prime a farne le spese. Inoltre, mai come in questi tempi l'arte teatrale è un'arte in pericolo. Anche se si superasse questo buio e la società ritrovasse il suo splendolre, il Teatro si troverebbe comunque a duellare con concorrenti che prima non aveva: cinema, discoteche, la pessima televisione, il calcio. Tutti diversivi che dirottano il pubblico teatrale verso alti luoghi d'intrattenimento (e talvolta annientamento!). Morirà forse il teatro? Forse no: vivrà una nuova transizione, ma non è detto che tale transizione sia seguita necessariamente da una rinascita. Per scongiurare tale morte il teatrante deve tornare a respirare l'ambiente di strada. Deve andare nei non-luoghi, dove la non-coscienza annienta se stessa nella frenetica corsa verso la disgregazione sociale. Saltimbanchi e compagnie di girovaghi devono riappropriarsi di quel luogo primordiale che è la strada. Rappresentare la vita, i costumi e i vizi a stretto contatto con essi. Andare insomma, nel luogo del delitto. Meravigliare, stupire, mettere a nudo; risvegliare, non solo le coscienze addormentate, ma anche l'interesse del pubblico. Un'arte che torni istintiva, improvvisa, e che nel'immediatezza rappresentativa ritrovi la propria forza comunicativa. A tal proposito, voglio portarvi a conoscenza di un interessante workshop che si terrà a Roma.

"Al di fuori delle abitudinarietà logistiche e delle pareti appositamente create ad opera dell’arte stessa, esiste un teatro fatto di attimi, movimenti, casualità, scelte illogiche e improbabili. Questo è il teatro della strada, dove l’intreccio delle situazioni scaturisce di volta in volta nuove possibilità e sfumature. Gli attori recitano e improvvisano mentre i passanti da spettatori si fanno attori involontari, recitano su di un copione che nessuno ha assegnato loro e si ritrovano alla logica dell’esistenza: tutti noi facciamo parte di un progetto superiore e non sempre ne abbiamo la trama."

Questo "Workshop di Improvvisazione Urbana" organizzato dal Sinergy Art Studio, laboratorio promosso dall'Associazione Culturale Cinem'Art, si svolgerà a Roma Sabato 3 e Domenica 4 luglio. Un'idea interessante, forte, perché forte è l'esigenza di recuperare quel contatto perduto tra l'attore sulla scena e l'attore nella vita. Il Workshop tratterà i temi del movimento, dello spazio, della narrazione e dello studio scenico. L'esperimento è aperto a coloro che hanno esperienza teatrale e non solo: anche coloro che vogliano approcciarsi a questa forma di rappresentazione possono partecipare. La due giorni di lavoro porterà i partecipanti a due improvvisazioni (ed il termine è appropriato perché nulla è dato; la forma è mutevole e sarà influenzata dall'interazione dei passanti): una a Via Del Corso e l'altra presso la Stazione Termini. I posti sono limitati, 12 è il numero massimo di partecipanti. Il costo è modico (50 euro). Per le info e le prenotazioni il numero da contattare è 328.71.33.184 o per mail potete scrivere a claudio.miani@gmail.com. Un'esperienza stimolante, che potrebbe rivelarsi non fine a stessa.

Modalità di svolgimento del Workshop:

sabato 3 luglio ore 10:00 – 12:00 – laboratorio in teatro
ore 12:00 – 14:00 – studio della scena
ore 14:00 – 15:00 – pausa
ore 15:00 – 19:00 – rappresentazione della scena trattata a Via del Corso
(appuntamento in Piazza Venezia)

Domenica 4 luglio ore 10:00 – 12:00 – laboratorio in teatro
ore 12:00 – 14:00 – studio della scena
ore 14:00 – 15:00 – pausa
ore 15:00 – 19:00 – rappresentazione della scena trattata alla Stazione Termini (appuntamento in stazione)
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mercoledì 16 giugno 2010

Primi versi

Spesso la gelosia vede anche quello che non c'è.

Questi sono i tuoi primi versi
perché ho atteso un lungo tempo?
Non distillo mai facili lodi
a minime parvenze d'infinito.
Non accarezzo la spuma marina
per toccare di donzelle il core
i baci che libero nelle brezze
son veleno per frivole fanciulle.
Lo parole non mi fanno da scudo
ogni mio fiato ha consistenza.

I versi lungamente ricercati
affiorano da istanti d'oblio
ricordi corrosi dagli acidi
negli orti di annate passate.
Ne conservi di più e più vividi
echi - come emergono gaudenti
dalle sabbie dei miei giorni
le ore febbrili della gaiezza!
Li ho trovati, i versi, sepolti
sotto cumuli di paglia dorata
stesi innanzi a cieli immensi
tra le erbe ch'erano giovani.

Danzavamo ridendo e dannando
l'anima inesperta alla magìa
senza capirne l'oscura potenza
Magìa! Ah la nostra perdizione
a incontrollati impulsi fiabeschi!
Sepolti erano, versi, negli anni
dei miei amori, dei tuoi viaggi
sconfinate distanze della vita
e fu quasi la vittoria dell'oblio!
Ma erano nel gaio sorridere
intatto ai bagliori nuovi d'alba
i versi primi sepolti dal tempo,
non distillo mai facili lodi
ogni mio fiato ha consistenza.

Matteo Di Stefano


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lunedì 7 giugno 2010

Silenzio


Si parla per riempire il vuoto

Fin da bambino ho amato
il silenzio; tacevo per ore.
Nei soli più miti fuggivo
nascondendo tra alti fusti.
Sull'erba sedevo immobile
scrutando i polli beccare
smontando e componendo,
il solo pensiero mi bastava.

- Il mondo m'impose la parola!
Rapporti, feste, compagnia
il gaio chiasso della socialità!
Mi dissero che il silenzio
era l'inferno dei dannati
allora imparai a parlare.
Diventai parte del Vuoto
agli stolti presi la stoltezza
ai furbi rubai la furbizia
tra i cani divenni cane!
Imparai a riempire il vuoto
parlai fin troppo, parlai
ma desiderando il silenzio.

M'abbandonai ai fuochi del vino
allo sbronzo strepitio informe
di feste collettive, ma per me
la letizia era non più di tre.
Così assaporai altre visioni
schiusi le porte all'infinito
i cieli si fecero oceani liquidi
l'ombra si confuse al delirio.
Colto da un'estasi selvaggia
finendo dinanzi al demonio
mi ritrovai perdendomi, Sì!
- Odiavo il clamore riempitivo
l'obbligo sociale delle parole
l'euforia di abili millantatori
e chi varcava il mio spazio.
Ho scelto ben pochi eletti
mantengo un sorriso beffardo
compassione e un sacro silenzio.
di Matteo Di Stefano
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